Torquato Tasso

Bomarzo: il Sacro Bosco nato per amore di una donna

Inganno dell’Arte e Arte dell’inganno nel celebre Parco dei mostri che celebra la cultura umanistica del ‘500, la voglia di stupire e il ricordo di una donna amata. Di Alberto Piastrellini Presso l’antico Borgo di Bomarzo, in provincia di Viterbo, sorge, all’ombra dei lecci e degli allori che caratterizzano il fondovalle un parco inquietante e misterioso, denso di suggestioni mitologiche e letterarie: è il Parco dei mostri o Bosco Sacro di Bomarzo. Ideazione fantastica di metà ‘500 in bilico fra l’essere una “villa delle meraviglie” e un percorso iniziatico (che sembra anticipare di tre secoli le suggestioni del romanticismo; non a caso parte del Parco celebra un amore tragicamente interrotto) il Parco dei mostri di Bomarzo è nato dalla fantasia di un nobile committente e dalla creatività  di un bizzarro architetto-sculture dell’epoca, Pirro Ligorio (autore, tra l’altro di altri capricci come Villa d’Este a Tivoli e di alcune fontane di Villa Lante a Bagnaia). Una bizzarria di pietra e di verde che ha ispirato artisti contemporanei come i pittori Salvator Dalì e Carel Willink, la scrittrice olandese Hella Haasse e il musicista argentino Alberto Ginastera, salvata dall’incuria grazie alla lungimiranza di un privato che acquistò l’area nel 1954 per restituirla alla fruizione comune. Un’opera unica al mondo per eclettismo ed inventiva che associa le suggestioni verdi di una natura quasi selvaggia a quelle artificiali ed artificiose di sculture inquietanti e mostruose per soggetto e dimensioni. Il tutto coreografato da una regia sapiente e discreta che ha voluto mantenere intatta l’unicità del luogo prevedendo interventi minimi di impatto sull’ambiente circostante e la trasformazione della materia-pietra laddove questa emergeva spontaneamente dal terreno. I mostri di BomarzoQui la bocca mostruosa di un’Orca sbuca famelica dal terreno; là il divino Proteo minaccia il viaggiatore con le sue fauci, altrove Ercole squarta Caco con le

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