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In inverno la salute è color radicchio!

Scopriamo perché “amaro” è sinonimo di “benessere” Di Serena Lepri Povero di calorie perché ricco di acqua, ma ricco di fibre, favolose per regolare l’equilibrio intestinale e provocare senso di sazietà, il radicchio è uno dei principali ortaggi invernali. Il radicchio rosso offre numerose proprietà benefiche che è bene sfruttare per il nostro organismo, soprattutto in inverno: grazie al suo sapore amaro, donato dalla presenza di composti fenolici, ci permette di combattere i fastidiosi malanni di stagione con i suoi effetti antimicrobici e antibatterici. Il gusto amaro, tuttavia non sempre apprezzato, è anche un importante attivatore delle secrezioni salivare e biliare e facilita, di conseguenza, la digestione. Il radicchio contiene, in aggiunta, molti sali minerali, soprattutto calcio e potassio. Il suo accattivante colore rosso-viola intenso è donato dalle antocianine, composti polifenolici che contribuiscono anch’essi al tipico sapore dell’ortaggio: sono loro che proteggono il cuore e mantengono in salute i vasi sanguigni. Quindi “amaro” è “benessere”! Il particolare gusto del radicchio può essere sfruttato per giocare in cucina: proviamo a metterlo in contrasto con il dolce dell’uvetta e della cipolla nello “Strudel Salato al Radicchio”. Ecco la ricetta! Ingredienti: una sfoglia di pasta brisée mezza palla di radicchio una manciata di uvetta una manciata di pinoli mezza cipolla olio evo q.b. sale q.b. pane grattugiato q.b. Procedimento: lavare e tagliare grossolanamente il radicchio, strizzarlo per bene e farlo appassire per 5-6 minuti in una padella dove precedentemente è stata fatta imbiondire la cipolla tagliata a fettine. Aggiungere i pinoli e l’uvetta e una spolverata di pane grattugiato; aggiustare di sale. Riporre il composto al centro della pasta brisée srotolata, creando una specie di salsicciotto di radicchio, e poi chiuderla a mo’ di strudel. Bucherellare lo strudel e aggiungere sopra un po’ di pane grattugiato a pioggia (così che ricordi lo zucchero

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Quando la bellezza diventa ossessione

Trucco e cosmetici per talune diventano una ragione di vita che sfiora la patologia Di Alberto Piastrellini Viviamo in un’epoca che ha fatto della bellezza fisica il fine ultimo dell’esistenza. La bellezza è l’obiettivo base da raggiungere per poi spiccare il volo sulle ali del successo; da quello semplicemente virtuale dei social a quello legato al lavoro e alla realizzazione di sé. Ma quando la ricerca estenuante e continua di perfezione diventa ossessione allora nascono i problemi e quello che un tempo era un innocente atto di vanità e di compiacimento si trasforma in un mostro capace di togliere energia, rubare tempo, causare depressione, impoverire le proprie tasche, sino alle estreme conseguenze che portano alla compulsiva ricerca di ritocchi e modifiche al proprio corpo anche a discapito della salute e dell’equilibrio psicofisico. Difficile stabilire una causa, ma certamente l’immagine dominante della donna nella comunicazione pubblicitaria, sempre più pervasiva e sganciata dai media tradizionali – avendo ormai conquistato le infinite opportunità della Rete – gioca un ruolo fondamentale sin dalla più tenera età, considerando la facilità di accesso ai vari device. Malgrado a parole, infatti, molte donne di ogni età tendono a deprecare ed irridere stereotipi ed immagini artefatte, nel quotidiano, per seguire un’idea trendy, finiscono per adottare quegli stessi comportamenti in termini di look, hair-style, colori e make-up. Ma dalla perfezione (artificiosa) di una foto alla realtà, ce ne corre, di qui la necessità, sempre più impellente e diffusa di ricorrere ad ulteriori accorgimenti cosmetici per nascondere piccole imperfezioni, esaltare forme, ristrutturare un’idea di volto, mascherare, sacrificando, infine, la propria identità sull’altare di una dea capricciosa e volitiva chiamata Moda. Produttori di cosmetici e accessori affini dedicati hanno mangiato la foglia da tempo intravedendo un business illimitato ed un target molto ampio per età e genere. I dati nel solo

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Microplastiche: come si formano, dove stanno, che fine fanno

Lo stato di salute dei mari ci fa riflettere sull’uso di prodotti cosmetici, tessili ed imballaggi che contribuiscono alla produzione di rifiuti che spesso, poi, ci tornano sul piatto. Di Eleonora Sbaffi   Si sente sempre più spesso parlare del problema delle microplastiche, disperse soprattutto in mare, causa di effetti nocivi sull’ambiente e, forse, sulla salute dell’uomo. Ma com’è nato il fenomeno e perché ha raggiunto tali dimensioni da costituire un’allerta globale?   La microplastica è quel materiale eterogeneo e microscopico che si trova in sospensione nei mari del mondo. Deriva dalla frantumazione di pezzi più grandi di plastica galleggiante causata dal moto ondoso, dall’attrito con delle rocce e dall’azione dei raggi UV del sole. Questo materiale che non si biodegrada, spesso si raggruppa in grandi “isole” che prima o poi affondano e si sbriciolano, col tempo, in minuscole particelle.   A questo punto entrano nella catena alimentare, ingerite dapprima da microorganismi che a loro volta sono mangiati da predatori sempre più grandi, fino ad arrivare ai pesci che consumiamo come alimento.   Ma non è solo la nostra incuria nella gestione dei rifiuti a creare i presupposti delle microplastiche in mare. Molte ci arrivano attraverso vie più dirette; ad esempio, quelle che si trovano all’interno delle creme esfolianti e in certi prodotti cosmetici come glitter e scrub… che contengono microsfere e chip in polietilene.   Le microplastiche nei prodotti cosmetici Questo materiale è presente in quantità considerevoli nella maggior parte dei prodotti che usiamo per la cura del nostro corpo; un articolo apparso su “La Stampa” afferma che solo in Italia ci sono 37 aziende che producono ben 81 prodotti che contengono plastica e che vengono venduti come naturali. Parliamo di docciascrub, creme esfolianti ma anche dentifrici. Il problema nasce dal fatto che i filtri degli scarichi delle nostre

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