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Giornata Mondiale della Creatività 2019: la fantasia come metodo

Donna di Fiori celebra la creatività nella sua Giornata istituzionale regalando ai Lettori una serie di aforismi e citazioni per scoprire la logica del pensiero creativo di Alberto Piastrellini Forse non tutti lo sanno, ma nel corollario delle Giornate Mondiali istituite dalle Nazioni Unite, il 21 aprile si celebra quella dedicata alla Creatività. In effetti è una celebrazione di fresca istituzione dal momento che la bozza di risoluzione con la quale è stata nominata risale appena al 27 aprile del 2017 (72a Sessione, 79° incontro dell’Assemblea Generale Plenaria) e, per essere precisi, la dicitura corretta recita: “Giornata mondiale della creatività e dell’innovazione”.  “Pochi attributi delle prestazioni umane hanno un impatto altrettanto grande sulla nostra vita e sul nostro mondo, come creatività”, aveva dichiarato allora Inga Rhonda King, rappresentante di Saint Vincente Grenadine, chiedendo l’inserimento della creatività nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile ed esprimendo la solidarietà della propria delegazione con gli oltre 80 altri co-sponsor nel sostenere la designazione del 20 aprile come momento celebrativo mondiale della creatività.  E come non ricordare che, con una certa lungimiranza, l’Europa, già 8 anni prima aveva provveduto a proclamare l’anno 2009 come “Anno Europeo della Creatività e Innovazione” con l’obiettivo di: “accrescere la consapevolezza dell’importanza della creatività e dell’innovazione in quanto competenze chiave per lo sviluppo personale, sociale ed economico”.  Non a caso, una recente ricerca che esplora il ruolo della creatività nella risoluzione di problemi e nell’innovazione, ha evidenziato che tanto i Paesi sviluppati quanto quelli in via di sviluppo stanno abbracciando l’idea che il capitale creativo è il bene più prezioso dell’umanità.  Un bene che si manifesta a più livelli, tanto nelle innovazioni tecnologichee di software, quanto nella ricerca pura, così come nelle tante manifestazioni dell’arte e nelle varie forme di comunicazione; tutte strade che, accanto ai naturali processi evolutivi, concorrono allo sviluppo dell’umanità. Parlando di creatività non si può sottacere che il termine, in

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Donna InCanto: Carmen, la seduzione sfrontata e ribelle

Esotismo ed erotismo nella figura della zingara ribelle che da 144 anni accende le fantasie del pubblico del mondo. Di Alberto Piastrellini “Quand je vous aimerai? Ma foi, je ne sais pas. Peut-être jamais, peut-être demain. Mais pas aujourd’hui, c’est certain!” (Traduzione: “Quando vi amerò? In fede mia non so. Può essere, mai; può essere domani. Ma non oggi, è sicuro!”) L’entrata in scena di Carmen, a metà del primo atto dell’Opera omonima di George Bizet è qualcosa di sconvolgente nella sua sfrontata esuberanza giovanile e popolare al tempo stesso; sapientemente e teatralmente ritardata da due scene dove l’atmosfera accaldata del pomeriggio sivigliano si colora dell’attesa spasmodica di gruppi maschili diversi bramanti l’arrivo delle donne. Non già le figurine putibonde in guanti di pizzo e ombrellino o le ingenue contadinelle che affollano la piazza, buone, se mai, per metter su famiglia o per scimmiottare qualche conquista galante, ma le ruvide, provocanti, scosciate e sguaiate sigaraie la cui anima seduttrice e perversa è Carmen, sex symbol ante litteram che accende le fantasie borghesi con un portato di sensualità fisica e verbale amplificato da una partitura orchestrale accesa e violenta, evocatrice e ammaliatrice. Scopriamo insieme questo personaggio che dal 1875 costituisce un archetipo dell’opera lirica e della femminilità. Prima ancora che sulle scene, Carmen vede la luce nella novella omonima pubblicata nel 1845 da Prosper Mérimée: un torbido quadretto in quattro parti che adombra relazioni adulterine e crimini passionali nel contesto di una Spagna accesa dal fuoco dei sensi. Un soggetto di per sé già scandaloso che però, aveva tutte le caratteristiche – adeguatamente sfrondato delle parti più “forti” – per intrattenere il pubblico di famiglie del Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi che, nel 1873 aveva commissionato a George Bizet l’incarico di trarne un’opera. Il musicista e i librettisti Henri Meilhac

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