femminilità

Unghie: una lunga storia tra distinzione sociale, arte, moda e seduzione

Unghie, le abbiamo sempre sotto gli occhi, ma quanti sanno che la loro decorazione ha una storia lunghissima fatta di mille sfumature di colore e ricca di connotazioni sociali? di Anna Rita Rossi Per risalire ai primi esempi di decorazione e cura delle unghie bisogna risalire a circa 5000 anni fa, dei reperti archeologici testimoniano tali consuetudini presso gli egizi e le dinastie orientali, in particolare, quella cinese. In Asia, nell’età del bronzo, le unghie si decoravano con tintura all’henné ottenuta dalla riduzione in polvere di alcune foglie essiccate. In seguito, in Mesopotamia, le unghie si dipingevano con vernici ottenute da zolfo e vari altri minerali, ma era una pratica di esclusivo appannaggio maschile, e in base al colore applicato si identificava la classe sociale di appartenenza: il nero era il colore dei nobili; il verde quello dei ceti inferiori. In quello stesso periodo, in Cina, anche le donne iniziano a decorarsi le unghie, utilizzando tinture vivaci derivate da pigmenti floreali. Le dinastie reali utilizzavano anche pietre preziose o altri ornamenti, come lamine d’oro per allungare le unghie. Tipo di decorazione, colore e lunghezza erano anche in Cina sinonimo di diversi tipi di potere e ruolo sociale. In Egitto, come in Mesopotamia e in Cina, il colore era rivelatore della classe sociale di appartenenza. Le donne di bassa estrazione si dipingevano le unghie con colori pastello, mentre quelle appartenenti a ranghi elevati usavano il rosso che aumentava di intensità con l’accrescersi della posizione sociale della persona che lo esibiva. Faraoni e regine decoravano le loro unghie con un rosso scuro. Per diversi secoli la nail art ebbe una notevole diffusione e fortuna, finché non subì un arresto nel Medioevo: in questo periodo ci si preoccupa meno della cura della persona; con il Rinascimento, la decorazione delle unghie torna in auge.

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Il ventaglio: must have dell’estate dai mille segreti

Accessorio irrinunciabile per inguaribili romantiche, il ventaglio rinnova la sua personalità confermandosi oggetto glam dalle inusitate risorse di Berthina Von Fliesen Mentre le ondate di calore degli anticicloni africani martellano le nostre città e solo gli ambienti raffrescati elettricamente sembrano offrire un rifugio dall’arsura, sulle panchine dei parchi pubblici, alle fermate dell’autobus, ma anche lungo le passeggiate turistiche, riappaiono puntuali, ogni estate, le curve colorate e svolazzanti dei ventagli. Un oggetto, il ventaglio, che sa di antico eppure, per la sua comodità e il suo fascino discreto, continua a sopravvivere alle diverse mode rinnovandosi nei decori e nelle stampe sino a confermare la sua eterna personalità anche nell’estate 2019 che lo corona accessorio must have con tanto di interpretazioni diverse, ma tutte all’insegna del colore e del glamour. Dalle dimensioni ridotte, rispetto ai modelli di un tempo, per adeguarsi a borsette e pochette, il ventaglio dell’estate 2019 ha le stecche in legno di betulla o di bamboo (quelle in plastica sono definitivamente out) e il “pavese” in tessuto con prevalenza di fibre naturali come: seta, lino e cotone. Essenziale ed elegante nel suo essere minimal come i ventagli monocromatici giapponesi (maschili), oppure brioso nell’utilizzo di cromatismi attuali e disegni contemporanei, o anche opulento ed eccessivo nelle stampe floreali e negli inserti di pizzo che fanno tanto “romantica”  e “vittoriana”, il ventaglio, se ben abbinato con l’insieme, completa l’outfit e impone una certa eleganza nei movimenti che, altrimenti, rischia di sfociare in una pericolosa dicotomia del look. Sì, perché non basta la foto azzeccata sul social di turno (che pure tante influencer hanno postato); il ventaglio è un accessorio signorile e come tale esige una gestualità misurata e discreta, evocatrice di messaggi nascosti e fantasie d’altri tempi. Tempi lontani nei quali la possibilità di contatto diretto fra generi era molto limitata

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Le calze: un viaggio curioso nella storia di un accessorio tra vanità e utilità

Le calze ci accompagnano in fogge e usi diversi lungo tutto il corso della vita. Colorate, briose, sexy e anche salutari, non possiamo proprio farne a meno. di Anna Rita Rossi Le calze hanno una lunga e fortunata storia.Già al tempo degli egizi erano utilizzate: nelle tombe dei faraoni sono stati ritrovati frammenti di calze lavorate a maglia; in Grecia, presso i romani, ma anche in Cina nell’antichità, le calze erano un accessorio indispensabile per tenere al caldo i piedi e ne veniva fatto largo uso. Dalle prime tipologie di calze, che alla loro comparsa erano spesso delle semplici fasce di tela, si deve arrivare fino al Medioevo e alla lavorazione della seta per poter parlare di calze vere e proprie, come le intendiamo oggi.Per diversi secoli esse restano – pensate un po’ – un appannaggio degli uomini. Le donne devono attendere fino al 1300 per poter indossare sotto la veste delle calze di panno o di seta che all’epoca erano di colore rosso e lunghe fino al ginocchio. Nei secoli a seguire, le calze da donna si allungano, avvicinandosi alle attuali calzamaglie; abbellite da ricami fatti a mano o da elaborati merletti, erano un oggetto di lusso che potevano permettersi solo le donne delle classi abbienti. Bisogna attendere la produzione “in serie”, grazie alle macchine per avere una maggiore diffusione delle calze, anche nelle classi meno fortunate economicamente. Quando finalmente le donne ebbero la possibilità di mostrare le gambe, le calze ebbero un incredibile successo e diventarono un accessorio irrinunciabile del vestiario femminile.In quanto ai materiali, si passò dalla seta al rayon e infine al nylon, materiali sempre più economici e quindi, accessibili a tutti; inoltre, i nuovi materiali resero le calze più resistenti e sempre più velate. Oggi, le calze sono diventate delle vere protagoniste, un punto di

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