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Il Presepe tra Arte, Fede e creatività

Alla scoperta della realizzazione plastica più iconografica del Natale, fra storia e leggenda. di Alberto Piastrellini Il mese di novembre sta per volgere al termine, ma già da tempo, in virtù di quella fregola del consumo che sola sembra essere la molla delle nostre vita, strade, vetrine, TV, radio, negozi e centri commerciali, senza contare tutti gli ambienti virtuali verso i quali le nostre appendici device aprono continue ed allettanti finestre, è scoppiata la narrazione commerciale del Natale. Non solo all’interno degli spazi dei templi del consumo si diffondono musiche e motivetti che richiamano la celebre data, ma anche le strade dei centri urbani, grazie al subdolo posizionamento di altoparlanti sono inondate di note natalizie rimescolate in un continuo – e a tratti veramente brutto – cocktail di stili diversi: dalla piva pastorale al gospel, passando per il pop e il latinoamericano in un frullato che mette sullo stesso piano Bach ed Handel all’ultima versione remixata di Stille Nacht. In questa ossessione celebrativa dell’evento in chiave di esca per acquisti (nei grandi centri commerciali americani cominciano ad apparire i primi apparati decorativi in pieno agosto!), accanto all’Albero di Natale, ormai assurto anch’esso a vero e proprio status symbol al cui allestimento si procede solo dopo adeguata consultazione dei consigli di interior designer e dello studio sulle dominanti cromatiche dell’anno dettate dalla moda, un unico manufatto resiste alla dimensione di familiare intimità che il Natale suggerisce, ed è il Presepe. Presenza irrinunciabile nelle case – soprattutto in Italia – dove è nato, il Presepe è la rappresentazione plastica del Mistero della Natività, ma anche, soprattutto, l’immagine favolistica e nostalgica di un passato agreste, sincero, familiare che fa da contrappeso alle tonitruanti sollecitazioni del quotidiano. Non a caso, è difficile resistere al fascino di realizzarne uno in casa, soprattutto se ci sono

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Cammini: la Via Femminile per l’estate 2019

La IX edizione del Festival Europeo della Vie Francigene, Cammini, Ways, Chemin celebra la sensibilità femminile nei paesaggi umani e naturali. Oltre 600 gli eventi in programma di Alberto Piastrellini Negli ultimi anni è aumentato il numero di coloro che hanno riscoperto il piacere e il benessere psicofisico derivante dal camminare; attenzione, non stiamo parlando della salutare passeggiatina quotidiana, ma del mettersi letteralmente in viaggio usando le proprie gambe come mezzo di locomozione. Una forma di viaggio slow che recupera tradizioni millenarie di pellegrinaggi e mete legate alla dimensione religiosa e spirituale in genere che, oggi, si veste di ulteriori fascinazioni che si allacciano al recupero del tempo e della dimensione naturale del vivere, della riscoperta della natura e, perché no, del rifiuto temporaneo dai meccanismi della quotidianità per riscoprire la dimensione interiore del senso del viaggio e stringere amicizie e rapporti con altri camminatori. Un fenomeno in crescita a livello europeo, ove i più noti cammini di Santiago di Compostela e della Via Francigena sono frequentati annualmente da migliaia di utenti e ugualmente in crescita in Italia, ove la presenza di Roma, centro della fede cattolica e di centinaia di Eremi, Abbazie, Conventi e Santuari ha favorito, nei secoli, il moltiplicarsi di Vie e sentieri che hanno costituito, nel tempo, una sorta di sistema arterioso della circolazione di fede, cultura, arte, merci e narrazioni. Un patrimonio incalcolabile che mette in rete città d’arte, borghi, castelli, chiese e luoghi religiosi in un contesto paesaggistico ove natura e società hanno convissuto per secoli sino alla riscoperta degli ultimi anni dopo quasi due secoli di oblio. I numeri di camminatrici e camminatoriGiusto per fornire qualche dato: lo scorso anno, per la prima volta, il numero delle “credenziali” rilasciate a coloro che hanno camminato in Italia ha superato quello degli italiani che hanno

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