Secondo uno studio dell’Osservatorio nazionale sulla salute effettuato su tutte le Regioni italiane, chi ha un titolo di studio più elevato previene i rischi di ipertensione, artrosi e artrite, osteoporosi, diabete e patologie cardiache. Di Annarita Felcini Più studiamo, meno rischiamo di ammalarci. Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio nazionale sulla Salute studiare di più, oltre a dare dei vantaggi dal punti di vista lavorativo, previene anche il rischio di sviluppare malattie croniche. Sulla base dei dati dell’Istituto, diretto da Walter Ricciardi con sede a Roma all’Università Cattolica, nel 2017 nella fascia di età tra i 45 e 64 anni (quella in cui insorge la maggior parte delle cronicità), la percentuale di persone con licenza elementare o nessun titolo di studio era affetta da almeno una patologia cronica, pari al 56,0%. Ma scendeva al 46,1% tra coloro che hanno un diploma e al 41,3% tra quelli che possiedono almeno una laurea. L’artrosi/artrite, l’ipertensione e il diabete sono le malattie per le quali questo fenomeno è più forte e per cui si riscontrano i maggiori divari sociali; con riferimento ai titoli di studio estremi (nessun titolo-laurea) le differenze ammontano, invece, a 13,1, 12,5 e 7,4 punti percentuali a svantaggio dei meno istruiti. E si registrano differenze anche rispetto alle professioni. Le categorie più colpite da patologie croniche sono i disoccupati e gli autonomi: tra i primi la percentuale di coloro che soffrono di almeno una patologia cronica è di circa il 36,3%, mentre tra i secondi si attesta al 34,6%. Rispetto alla condizione di multicronicità, i disoccupati mostrano mediamente maggiori svantaggi rispetto ad artrosi/artrite e disturbi nervosi. Tra gli autonomi la patologia per la quale manifestano in media lo svantaggio più penalizzante è l’ipertensione. Nel 2018, invece, sempre secondo l’Osservatorio, le malattie croniche hanno interessato quasi il 40% della popolazione italiana, vale
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