cultura

Il Presepe tra Arte, Fede e creatività

Alla scoperta della realizzazione plastica più iconografica del Natale, fra storia e leggenda. di Alberto Piastrellini Il mese di novembre sta per volgere al termine, ma già da tempo, in virtù di quella fregola del consumo che sola sembra essere la molla delle nostre vita, strade, vetrine, TV, radio, negozi e centri commerciali, senza contare tutti gli ambienti virtuali verso i quali le nostre appendici device aprono continue ed allettanti finestre, è scoppiata la narrazione commerciale del Natale. Non solo all’interno degli spazi dei templi del consumo si diffondono musiche e motivetti che richiamano la celebre data, ma anche le strade dei centri urbani, grazie al subdolo posizionamento di altoparlanti sono inondate di note natalizie rimescolate in un continuo – e a tratti veramente brutto – cocktail di stili diversi: dalla piva pastorale al gospel, passando per il pop e il latinoamericano in un frullato che mette sullo stesso piano Bach ed Handel all’ultima versione remixata di Stille Nacht. In questa ossessione celebrativa dell’evento in chiave di esca per acquisti (nei grandi centri commerciali americani cominciano ad apparire i primi apparati decorativi in pieno agosto!), accanto all’Albero di Natale, ormai assurto anch’esso a vero e proprio status symbol al cui allestimento si procede solo dopo adeguata consultazione dei consigli di interior designer e dello studio sulle dominanti cromatiche dell’anno dettate dalla moda, un unico manufatto resiste alla dimensione di familiare intimità che il Natale suggerisce, ed è il Presepe. Presenza irrinunciabile nelle case – soprattutto in Italia – dove è nato, il Presepe è la rappresentazione plastica del Mistero della Natività, ma anche, soprattutto, l’immagine favolistica e nostalgica di un passato agreste, sincero, familiare che fa da contrappeso alle tonitruanti sollecitazioni del quotidiano. Non a caso, è difficile resistere al fascino di realizzarne uno in casa, soprattutto se ci sono

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200 anni del Prado, l’affascinante museo nel cuore di Madrid

Il 19 novembre del 1819 venne aperto al pubblico uno dei più importanti Musei al mondo. Scopriamo insieme qualche curiosità. di Alberto Piastrellini Martedì 19 novembre, il motore di ricerca più diffuso al mondo, Google, ha dedicato il suo doodle al Museo del Prado, di cui ricorre il 200° anniversario. L’imponente museo madrileno detiene, con il Louvre (Parigi), l’Ermitage (San Pietroburgo), la National Gallery (Londra) e gli Uffizi (Firenze) una fra le maggiori raccolte pittoriche del mondo e vanta opere di Beato Angelico, Andrea Mantegna, Raffaello Sanzio, Hieronymus Bosch, Rogier van der Weyden, Bruegel il Vecchio, El Greco, Pieter Paul Rubens, Tiziano, Diego Velázquez, Francisco Goya… Il Museo del Prado (Link: www.museodelprado.es) fu progettato, insieme ad una serie di edifici pensati per ospitare altrettante istituzioni scientifiche dell’epoca, nell’ambito di un rinnovamento urbanistico di Madrid commissionato all’architetto Juan de Villanueva (considerato dalla critica artistica il maggior esponente dell’architettura neoclassica in terra di Spagna) dal sovrano Carlo III di Borbone (Madrid, 20 gennaio 1716 – Madrid, 14 dicembre 1788). Un monarca illuminato e riformista, amante dell’arte e del buon vivere e che, grazie alla madre italiana (Elisabetta Farnese) e al fatto di essere terzo in linea di successione al trono di Spagna, ebbe un’infanzia ed un’adolescenza tutta italiana, dapprima a Firenze, presso i Medici ormai prossimi all’estinzione della casata dove ottenne l’investitura di Gran Principe Ereditario della Toscana; poi a Parma (di cui fu Duca dal 1731 al 1735); infine a Napoli in qualità di Re delle Due Sicilie dal 1735 al 1759, sino all’abdicazione in favore del figlio Ferdinando prima di ricevere la corona Spagna. Peraltro, proprio durante la reggenza delle Due Sicilie, Carlo si distinse per le imponenti opere di costruzione che fecero di Napoli una vera e propria capitale europea; durante il suo reame, infatti, furono costruiti, tra l’altro,

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Donna di Fiori a ECOMONDO 2019 per raccontare il futuro della sostenibilità

Una scelta di campo per raccontare, dal punto di vista femminile, le novità tecnologiche e le esperienze imprenditoriali di chi ha scelto l’ambiente e lo sviluppo sostenibile a fondamento del proprio core business. di Alberto PiastrelliniFoto di copertina e interno: IEG – Italian Exhibition Group Concetti come green economy, circular economy, sostenibilità, sviluppo sostenibile, green business, sono ormai entrati a far parte del vocabolario comune uscendo dal linguaggio specifico degli addetti ai lavori (economisti, tecnici, senza contare il variegato mondo della società civile e dell’associazionismo ambientalista) per agganciarsi indissolubilmente ai tanti aspetti della quotidianità (non senza aver, purtroppo, perso, in molti casi, il proprio valore in termini di significato sull’altare della comunicazione di massa che tutto svilisce e livella in basso). La penetrazione di tali concetti è un effetto della mutata attenzione all’approccio ecologico in vari aspetti dell’esistenza, dalla produzione, al consumo fino al risparmio di risorse, seguìto, a sua volta, dall’evidenza drammatica di problematiche molto stringenti fra le quali, in primo luogo spiccano il cambiamento climatico e l’inquinamento dell’ambiente (con tutto quello che ne consegue). E non è proprio un caso che proprio la diversa percezione delle molteplici questioni ambientali abbia rivelato l’urgenza di una trasversalità di approccio, giacché, in un sistema chiuso (ancorché piuttosto ampio come il nostro pianeta), ogni azione umana (moltiplicata per il numero di abitanti della Terra), impatta inequivocabilmente sull’equilibrio dell’intero sistema. Ecco, dunque, che ogni nostra scelta in termini di prodotti, consumi, stile di vita, gestione degli scarti e progettazione di beni di consumo deve, per forza, fare i conti con la produzione di energia, con la disponibilità di risorse primarie e secondarie (acqua e materie prime), con la capacità/possibilità di produrre alimenti, fermo restando quell’obiettivo di uguaglianza delle opportunità di vita che siamo stati capaci di immaginare con lo sviluppo culturale della nostra

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Il Caffè: una bevanda inebriante con doti divinatorie

Un lieve mormorio, a seguire un profumo prepotente che si diffonde nell’aria: segnali ben noti a chi ama il caffè, una delle bevande più diffuse e amate in tutto il mondo. di Anna Rita Rossi Le origini del caffè pare siano piuttosto lontane: ricercatori hanno trovato scritti risalenti al X secolo che indicano come fosse utilizzato come medicina.Una leggenda attribuisce la scoperta del caffè a un pastore etiope che aveva notato gli effetti energizzanti di alcune bacche rosse sulle sue pecore.Con il tempo, dalle bacche si ottenne una bevanda che dall’Etiopia si diffuse in Yemen, dove venne creata la prima piantagione, poi il caffè fu gradualmente coltivato anche in Arabia ed Egitto.Per assaporare questa preziosa bevanda, gli europei dovranno attendere il XVII secolo e l’intraprendenza dei commercianti veneziani. Ai nostri tempi, vengono consumate ben 4 miliardi di tazzine al giorno e per qualcuno, specie di mattina, il caffè è diventato un vero e proprio “rito del risveglio”.Questa bevanda ha avuto famosi estimatori: Bach gli dedicò intorno al 1732 una cantata (Schweigt stille, plaudert nicht “Fate silenzio, non chiacchierate” – BWV 211, nota come Kaffeekantate) che ne decanta il gusto e ne sottolinea la diffusione. Nel brano musicale un padre cerca di vietare, con scarso successo, l’uso di bere caffè alla figlia che farà di tutto per non rinunciarvi.Sempre in ambito musicale, Beethoven pare avesse una piccola ossessione per il caffè: lo beveva ogni mattina, preparato con 60 grani esatti.Giuseppe Verdi, a sua volta, sosteneva fosse un balsamo per il cuore e lo spirito. Il magico infuso è stato anche fonte di ispirazione per famosi cantautori: ‘A Tazza ‘E Cafè cantata da Roberto Murolo è una canzone napoletana scritta da Giuseppe Capaldo nel 1918 e musicata da Vittorio Fassone.Nel testo della canzone una ragazza scontrosa viene paragonata a una tazzina di

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