Il sonno irregolare del bambino è sicuramente un fattore che mette a dura prova molti genitori, anche quelli più amorevoli e pazienti. Non a caso una delle prime cose che la gente chiede dopo la nascita è questa: “Ma è bravo?”. Quel “bravo” non riguarda ovviamente la disciplina (come potrebbe un neonato essere indisciplinato!) ma si riferisce essenzialmente a due dimensioni fisiologiche, ossia quella del mangiare e quella del dormire. Al di là della contestazione semantica che si potrebbe fare verso questa domanda così popolare, possiamo intuirne, tra le righe, un significato meno palese. La questione riguarda in realtà questi aspetti: è un bambino gestibile? Vi fa riposare e stare tranquilli?
Quando il bambino non dorme
La carenza di sonno data dai continui risvegli del piccolo (succede spesso e volentieri che l’adulto viva l’interruzione nel momento del sonno profondo) è causa di stanchezza, irritabilità e spossatezza. Un mix di ingredienti che minano la capacità di sostenere gli impegni della quotidianità (dover andare al lavoro senza aver riposato abbastanza non è di certo una passeggiata di salute) e della vita familiare (tante coppie iniziano a sentire i primi scricchiolii dopo queste ondate di stanchezza che nel tempo vengono mal gestite dal punto di vista emotivo).
Detto questo, non si può pretendere che il bambino riesca a dormire fin dai primi giorni ai ritmi di un adulto ed è anche vero che molte madri, e forse qualche padre, raccontano di essere in grado di riuscire a svegliarsi come in risposta a una sorta di istinto che le permette di sentire i bisogni del loro bambino, quando invece, prima di essere genitori, dormivano in maniera più profonda. Dunque, una delle competenze chiave riguarda il mettersi in connessione con il flusso di regolazione intrapreso da un bambino che è appena venuto al mondo e il riuscire a rendere la nanna, nel corso del tempo, un momento piacevole e sereno per tutti.
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Cosa fare se il bambino non riesce a dormire?
Seguendo i principi della pedagogia del benessere, per quanto il pianto del bambino possa essere insistente e apparentemente inconsolabile, la strategia del lasciarlo piangere provando a ignorarlo non potrà mai essere considerata la strada migliore e non dovrebbe nemmeno essere percorribile. Magari capiterà che il piccolo arrivi ad addormentarsi per sfinimento ma, se ci soffermassimo a sentire il nostro e il suo possibile stato d’animo, noteremmo un sottofondo di puro malessere. Dentro di noi già sappiamo che questa non è la modalità da seguire seppure venga suggerita a più voci o la si sia intrapresa in quanto incapaci, in quel momento, di trovare altre soluzioni possibili dopo averle tentate di tutte.
Quando il bambino non prende sonno, continua a piangere, sembra incapace di accettare il conforto delle braccia del genitore e ci sentiamo già parecchio provati per la stanchezza, la sensazione è quella che stia facendo di tutto per venirci contro, per disubbidire. Proveremo anche un crescente fastidio nei suoi confronti. È normale sentire queste emozioni e, anzi, bisogna essere in grado di riconoscerle per non cadere nell’eccessiva rabbia e frustrazione e per continuare, invece, a individuare un approccio che possa mantenere un rapporto stretto e affettuoso con il bambino.
Nelle situazioni in cui sentiamo che il ‘bambino-fiume’ non riesce a rimanere libero dentro ‘l’argine-genitore’, è necessario iniziare a lavorare sulla propria calma e a concentrarsi sul respiro per focalizzare l’obiettivo a lungo termine che non riguarda tanto quel singolo episodio, quanto piuttosto il riuscire a sentirsi nello stesso flusso e a fidarsi a vicenda. In questo modo saremo in grado di riprendere le redini delle nostre emozioni e riuscire a consolidare l’abitudine alla nanna.
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Le abitudini alla nanna
Anche se una data messa a letto non sta procedendo in maniera idilliaca, non bisogna mai scoraggiarsi davanti a questi primi tentativi. Stiamo, appunto, ponendo le basi per rendere il processo di addormentamento il più naturale e sereno possibile. Infatti, sappiamo che l’azione del dormire risponde a un bisogno fisiologico ma che, al contrario, la modalità di addormentamento non è qualcosa che ci ha insegnato la natura. Ognuno di noi ha appreso come addormentarsi dagli input ricevuti dal proprio ambiente.
Succede spesso, anche nella vita adulta, che si abbiano disturbi del sonno derivati probabilmente da cattive abitudini consolidate nel tempo. Quindi, per iniziare una routine che possa facilitare il processo di addormentamento del bambino, il quale andrà comunque a regolarsi e a migliorare durante la crescita (e questa è una buona notizia per rimanere fiduciosi che si tratta di una “fatica” temporanea), ci sono tre azioni da tenere a mente:
- Osserviamo i segnali che il bambino stesso ci dà, mettendoci in connessione con lui, da un punto di vista delle emozioni (cosa lo rende nervoso?) e tonico (attraverso la sicurezza del gesto il bambino riuscirà a rimanere dentro l’argine e a non spandersi aumentando il senso di reciproco malessere).
- Creiamo alcune routine che aiutino il bambino a leggere la nostra richiesta. I piccoli sono abitudinari e amano ripetere azioni e situazioni. Potremmo coinvolgerlo facilmente in momenti di cura e di relazione che si ripetono prima dell’addormentamento.
- Usiamo i metodi di rilassamento, soprattutto davanti al neonato o al bambino che ancora non riesce a esprimersi e che ha risvegli causati in primo luogo da necessità fisiologiche. Il cullare, il dondolare, le pacche ritmiche sul sederino, il sussurrare una canzoncina calmante, ecc…
Questi punti sono da considerare come un approccio educativo e non un vademecum da seguire come si farebbe con le istruzioni di montaggio di un mobile. La pedagogia non è una scienza esatta e va sempre applicata e riletta in un contesto specifico.
Quanto, quando e come deve dormire un bambino?
Ora vediamo, invece, il QUANTO, il QUANDO e il COME dovrebbe riposare un bambino di età inferiore ai tre anni. Nella prima fase della vita e all’incirca fino al 4° mese, il neonato vive in maniera indifferente le ore del giorno da quelle notturne e regola il sonno e la veglia in base ai suoi bisogni fisiologici. Le ore in cui è sveglio non sono molte (circa 3 o 4) e il sonno è ancora caratterizzato dall’essere molto breve.
Le ragioni del loro riposo non equivalgono a un recupero della stanchezza ma, piuttosto, a un bisogno legato alla crescita e, per questo, i riposini sono di vitale importanza per il neonato. Nei primi anni di vita il riposo occupa buona parte del tempo e rappresenta un momento fondamentale a sostegno della crescita e del benessere psico-fisico. Crescendo, i momenti di veglia si allungano e la fase di sonno profondo si stabilisce principalmente durante le ore notturne.
Le raccomandazioni dei pediatri indicano che un bambino di 2-3 anni dovrebbe dormire tra le 11 e le 14 ore nell’arco della giornata. La “quantità” stimata può subire lievi variazioni da bambino a bambino a seconda del temperamento, del periodo di sviluppo in cui si trova e dalla competenza di autoregolazione del ritmo sonno-veglia. Su quest’ultimo punto siamo ormai d’accordo che, in presenza di un ambiente favorevole e di una regolarità di momenti dedicati al sonno, possiamo fidarci dei segnali provenienti dallo stesso bambino. Ad esempio, in merito al sonnellino pomeridiano, se capita che il piccolo si sveglia da solo e appare attivo e riposato, non è necessario rimetterlo a letto e obbligarlo a riaddormentarsi.
Talvolta possiamo notare una fatica del bambino a lasciarsi andare nella fase di addormentamento. Dormire significa abbandonarsi e abbandonare tutto ciò di cui hanno esperienza ed è quindi normale che ponga una certa resistenza. Soprattutto se si è distanti per molte ore della giornata, vorrà in qualche modo ricomporre un legame con l’adulto e non vederlo sparire nuovamente.
È necessario accompagnare il momento dell’addormentamento in modo che sia emotivamente rassicurante cercando di essere il più possibile pazienti anche quando c’è la cucina che aspetta per essere rimessa in ordine. Quando i bambini percepiscono in noi una certa ansia, apprensione o fretta, invece di addormentarsi più velocemente iniziano a fare l’esatto contrario. Almeno per tutto il triennio di vita, il bambino si addormenta più serenamente con la presenza dell’adulto, con il suono della loro voce o di una ninna nanna, per questo lo pretendono (se ti allontani probabilmente ti seguirà o continuerà a chiamarti). Assecondare questa sua richiesta renderà più facile il processo di conquista dell’autonomia nel dormire.
Fino a quando non si percepirà una certa sicurezza nel piccolo, bisogna curare attentamente il momento del risveglio. I bambini si trovano a “ricomporre” la realtà che hanno lasciato qualche ora prima. L’adulto (o gli adulti) che si prendono cura di loro rappresentano quasi la totalità del loro mondo, quindi, il non averli a portata di vista nel momento in cui riaprono gli occhi è fonte di angoscia e di pianto. Avete mai notato che un bambino difficilmente piange se vede il genitore quando si sta svegliando?
Rassicuriamo sempre il bambino nel momento in cui si risveglia e consoliamo il suo pianto. È bene raccontargli che la mamma c’è anche quando non la vede. Per quanto riguarda il dormire insieme al proprio bambino nel lettone, in linea generale, possiamo dire che non provoca nessun danno o vizio (anche i più tenaci prima o poi riescono ad addormentarsi nel proprio letto in solitaria). Inoltre, per la mamma che allatta al seno, può essere davvero comodo avere con sé il piccolo e non doversi alzare frequentemente dal letto.
Se facciamo riferimento al comportamento degli altri mammiferi sarà difficile trovare una mamma capace di dormire lontano dai suoi cuccioli quando questi non sono ancora autosufficienti. Detto questo, è corretto considerare anche le motivazioni che vogliono un distacco notturno tra genitori e bambini. In genere riguardano: la riconquista dell’intimità della coppia e una migliore condizione di riposo (il bambino nel letto può farci assumere posture inadeguate e irrigidire la muscolatura). Si tratta quindi di fattori molto personali e andrebbero valutati caso per caso. L’obiettivo finale è comunque sempre il benessere di tutti e non l’aver rispettato un certo metodo piuttosto che un altro.
Una buona abitudine che aiuta a stabilire un riposo sereno è quella di trascorrere del tempo all’aria aperta. Anche durante la stagione invernale, porta fuori il bambino sfruttando, se ti è possibile, le ore più calde della giornata. Respirare un po’ di aria fresca rende i bambini meno nervosi, li aiuta a scaricare un po’ di energia e, di conseguenza, a riposare meglio. Copriamoli il giusto, mai eccessivamente, facciamo in modo che possano sperimentare l’aria frizzantina sulle guance! Ho visto bambini talmente imbacuccati da poter prendere freddo soltanto agli occhi!
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Le routine per una nanna serena
Nel doverlo abituare alla nanna notturna, anziché un orario preciso, è più utile stabilire una fascia oraria entro la quale si vorrebbe che il bambino fosse a letto. Questo ci farà sentire meno in stress se si sfora di qualche minuto la messa a letto. Introduciamo un rituale da ripetere ogni sera prima dell’addormentamento in modo che, a poco a poco, il bambino riuscirà a comprendere quando la giornata giunge a termine.
Attraverso le routine, i piccoli sono sicuri, fiduciosi e in grado di orientarsi nel tempo (avvenimenti) e nello spazio (ambienti e oggetti). Possiamo, ad esempio, fargli un bagnetto caldo, un massaggio con olio di mandorle, leggergli il suo libro preferito, raccontargli una storia, cantare una ninna nanna, ascoltare della musica lenta e così via. Ricordiamo sempre che, se adesso appare come una montagna da scalare, quando saremo arrivati in cima ci accorgeremo invece che questo tempo è, in realtà, passato troppo in fretta e ci ricorderemo più della tenerezza che della fatica.