Durante il primo periodo di vita la suzione ha un significato importante, indispensabile ed è tra le prime grandi esperienze attive compiute dal bambino. Esiste un tipo di suzione, detta nutritiva, finalizzata all’assunzione di cibo e al sostentamento del piccolo. Il bambino è geneticamente programmato per attivarsi a tale scopo fin dai primi momenti dopo la nascita. Sappiamo anche che i piccoli, oltre a nutrirsi, trovano nella suzione la possibilità di confortarsi quando ne sentono il bisogno. Si tratta della suzione non nutritiva, la quale genera spesso molte preoccupazioni nell’adulto, soprattutto quando è portata troppo avanti nel tempo.
Perché il bambino si succhia il pollice?
Il bambino che porta il pollice alla bocca per consolarsi non è sempre visto di buon occhio, seppure si tratti di un gesto che i piccoli perseguono dall’alba dei tempi con tenacia e soddisfazione. Alcuni genitori cercheranno presto di scoraggiarlo o di offrire alternative. Le principali paure degli adulti riguardano i problemi allo sviluppo delle arcate dentali, fattori igienici e la difficoltà di abbandonare questa abitudine nel tempo.
La maggior parte degli ortodontisti è ormai d’accordo nel riconoscere l’importanza di assecondare questo riflesso innato del bambino, avvertendo anche delle possibili conseguenze per la salute orale dei bambini. Bisogna comunque considerare che, come per il ciuccio, non tutti i bambini che hanno succhiato il pollice hanno poi avuto problemi di allineamento dei denti o di malocclusione. Insomma, non si tratta di un fattore matematico ma può dipendere da vari fattori, tra cui la predisposizione genetica.
Dall’altra parte, una forte pressione del genitore che vive con ansia il fatto che il figlio non riesca a liberarsi del ciuccio o del dito, porta a una maggiore resistenza nel trattenere questa abitudine oltre tempo. Sempre secondo gli ortodontisti, sarebbe utile abbandonare verso il terzo anno di vita, o non oltre i primi anni della scuola dell’infanzia.
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Da un punto di vista meno medico e più antropologico, possiamo osservare che quando un bambino riesce, per sua azione, a portare il pollice (o, talvolta, un altro dito) alla bocca, ha compiuto un primo passo verso l’autonomia. Da quel momento in avanti sarà in grado di trovare conforto ogni volta che ne sentirà il bisogno.
Succhiare e portare qualcosa alla bocca sono azioni che non hanno solamente finalità nutritive o consolatorie, ma che vanno ben oltre. Quando i piccoli iniziano ad afferrare gli oggetti che hanno vicino, oltre al guardarli e a toccarli, seguiranno l’istinto di portarli alla bocca. Questa è un’attività importante poiché permette loro di esplorare il mondo che li circonda ed è ben spiegata nel gioco del cestino dei tesori proposto dalla pedagogista inglese Elinor Goldschmied.
È meglio il pollice o il ciuccio?
Lavorando a contatto con i bambini piccoli e con le loro famiglie, ho compreso nel tempo che non esiste una regola universale in ambito di educazione e cura dei piccoli. Esistono, piuttosto, dei pro e dei contro che hanno bisogno di essere valutati nelle singole situazioni. È sempre controproducente assumere delle posizioni troppo rigide verso uno o l’altro versante.
Talvolta, un bambino potrebbe manifestare il bisogno di portarsi il pollice alla bocca ma essere in difficoltà nel farlo e dunque non riuscire a soddisfare la necessità di conforto. In questo caso lo si potrebbe aiutare offrendogli un ciuccio. Esistono anche bambini che trovano consolazione succhiando una stoffa, una pezzetta, un orsacchiotto o le frange di una coperta…
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Rispetto al ciuccio, il pollice ha il vantaggio di essere sempre a disposizione. Questo potrebbe essere considerato anche come uno svantaggio, in quanto diventa più difficile poterne fare a meno. Eppure, c’è un’altra considerazione da fare, già descritta dalla pedagogista Elinor Goldschmied in un libro datato 1979 nella sua prima edizione. Il pollice offre al bambino l’occasione della scelta, un primo passo fondamentale per lo sviluppo cognitivo che riguarda questa facoltà (è sufficiente pensare a quanti, anche in età adulta, non sanno compiere delle scelte o faticano a prendere decisioni).
Provate a immaginare un bambino che, mentre gioca, ha il dito in bocca. A un certo punto la sua attenzione cade verso un oggetto. Per afferrarlo ha bisogno di utilizzare entrambe le mani. Oppure, in un contesto simile, vorrebbe arrampicarsi e, anche qui, per farlo ha necessità di usare tutte e due le mani. Ecco, se avesse in bocca il ciuccio avrebbe libere le mani e non si porrebbe nemmeno lontanamente il problema della scelta. Invece, il tal caso, si troverebbe a rinunciare all’una o all’altra cosa. Il fatto che, nel corso della crescita, il bambino possa trovarsi a prendere piccole decisioni non può che essere un bene per il suo sviluppo cognitivo.
I dubbi sull’igiene
Negli anni del lavoro educativo, ho avuto modo di ascoltare come alcuni genitori o educatori avessero maturato un parere ostativo nei confronti del pollice in bocca motivato da ragioni igieniche. In sintesi, reputavano che dal momento che i bambini toccano tutto con le mani, non ritenevano salutare che poi le portassero alla bocca. Un punto di vista che, di certo, richiede un dialogo aperto e capace di fare emergere l’origine di queste paure. Bisogna saper riconoscere come un ambiente iper-igienizzato non potrà mai essere il posto migliore in cui fare crescere i piccoli.
Si tratta di trovare il giusto equilibrio e di attivare il buon senso. Il nostro sistema immunitario diventa funzionale quando è operativo. A tal proposito, potremmo ritenere che questa esposizione ai batteri, vissuta nel proprio ambiente, non possa far altro che sostenere le difese del piccolo. Ovviamente si avrà maggior attenzione nelle situazioni in cui il bambino dovesse toccare qualcosa che potrebbe essere considerato rischioso, soprattutto quando si è fuori casa o in luoghi molto frequentati da persone estranee.
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La stessa cosa vale per il ciuccio, spesso i bambini lo perdono dalla bocca mentre sono impegnati a giocare. Talvolta lo raccolgono in autonomia e lo continuano ad usare. Di certo, questo sarà meno pericoloso quando si trovano nel loro ambiente ma da evitare in altri contesti. Sul ciuccio bisogna porre anche molta attenzione anche nei processi di lavaggio. Se non venisse ben asciugato, l’acqua rimasta o penetrata all’interno potrebbe aver generato la presenza di muffa.
Un discorso a parte merita invece l’uso di stoffe, pezzette o peluche come oggetti consolatori. Questi oggetti si sporcano presto e si è tentati a metterli con una certa frequenza in lavatrice. Eppure, l’esperienza insegna che è proprio il loro odore a creare un significato di importanza per il bambino e che talvolta, dopo un lavaggio, questo arriva addirittura a non accettarlo più come prima (almeno finché non riesce a riformare quell’odore per lui fondamentale). Anche in questo caso sarà necessario costruire il giusto equilibrio tra bisogno del bambino e igiene.
Approfondimenti:
- Goldschmied E., Il bambino all’asilo nido. Guida per le educatrici e i genitori, Fabbri Editori, 1986
Ester Listì