Nell’immaginario comune, l’antica Grecia è spesso associata ai celebri Giochi Olimpici, dominati da atleti maschi. Tuttavia, le donne greche, pur essendo generalmente escluse dalle competizioni sportive pubbliche, partecipavano ad attività fisiche e sportive in contesti specifici, offrendo un affascinante spaccato della loro vita.
Sparta: l’eccezione alla regola
Sparta, rappresenta un caso unico nel panorama greco antico. Qui, le donne avevano una maggiore libertà rispetto alle loro controparti in altre città-stato. Le donne spartane erano incoraggiate a mantenersi in forma non solo per la loro salute personale ma anche per garantire una discendenza robusta. Le giovani spartane praticavano gare di corsa, lotta, e lanci del disco e del giavellotto. Quest’approccio rifletteva l’importanza attribuita alla forza fisica e alla preparazione militare nella società spartana.
I Giochi Herei: Olimpiadi al femminile
Un altro esempio indicativo di partecipazione femminile allo sport nell’antica Grecia erano i Giochi Herei (oppure Giochi Erei). Celebrati a Olimpia in onore della dea Hera, questi giochi rappresentavano una rara opportunità per le donne di competere pubblicamente.
Le ragazze non sposate gareggiavano principalmente in corse a piedi. Sebbene meno noti rispetto ai Giochi Olimpici, i Giochi Herei dimostrano che esistevano spazi dedicati all’atletismo femminile anche in una società tradizionalmente patriarcale.
Le campionesse vincevano corone di ulivo, carne di mucca o di bue, animali di solito sacrificati a Hera e il diritto di dedicare statue alla dea con incisi i loro nomi o dipingere i loro ritratti sulle colonne del tempio di Era a Olimpia.
Le atlete gareggiavano con una tunica corta chiamata chitone che lasciava scoperta la spalla destra fino al seno e di solito con i capelli sciolti sulle spalle.
Atletica privata e ginnastica domestica
Nelle altre città-stato greche, le donne raramente partecipavano a competizioni sportive pubbliche. Comunque, l’attività fisica non era del tutto preclusa e le donne delle classi superiori potevano praticare ginnastica e altri esercizi fisici all’interno delle loro case. Questa pratica, sebbene privata, sottolineava l’importanza attribuita alla salute fisica anche tra le donne.
La Magna Grecia e le tradizioni importate
Nelle colonie greche dell’Italia meridionale e della Sicilia, le tradizioni sportive femminili riflettevano quelle delle città di origine. Sebbene la documentazione sia scarsa, alcune testimonianze iconografiche suggeriscono la presenza di donne in attività fisiche. Nondimeno, come nella Grecia continentale, la partecipazione femminile rimaneva limitata e confinata a situazioni specifiche.
La pratica sportiva femminile nell’antica Grecia e nelle sue colonie, era fortemente influenzata dalle norme sociali e culturali dell’epoca. Mentre Sparta e i Giochi Herei rappresentano eccezioni notevoli, in generale, le donne avevano un accesso limitato agli sport pubblici e competitivi. Questi esempi ci offrono uno sguardo prezioso su come le donne greche trovavano spazi per esprimere la loro forza e abilità fisica in una società patriarcale dominata dagli uomini.
Lo sport e i Giochi Herei in Storia dell’Arte
Non ci sono pervenute immagini su vasellame o statue dedicate alle donne atlete delle polis greche e della Magna Grecia.
Al contrario, gli atleti maschi hanno ricevuto numerose statue in loro onore dagli artisti più famosi dell’antica Grecia.
Nel British Museum di Londra è conservata una statuetta di bronzo raffigurante una donna greca che corre, vestita con la corta tunica detta chitone, per alcuni studiosi si tratta di una statuetta di origine spartana.
La statuetta è stata ritrovata in Serbia, ed è datata al 520 – 500 avanti Cristo.
Al Louvre di Parigi è conservata un’altra statuetta di bronzo raffigurante una donna che corre con una lunga tunica, datata al 5° secolo avanti Cristo, potrebbe trattarsi anche in questo caso, di un manufatto proveniente da Sparta.
Infine, il pittore italiano Prospero Piatti (1840 – 1902) ha dipinto un incantevole quadro dal titolo Giochi Erei datato 1901. Il quadro fa parte di una collezione privata.
By Rosa Maria Garofalo