Quando la medicina era delle donne il parto era una celebrazione.
La medicina, in origine, era appannaggio delle competenze acquisite dalle donne. Nel mondo arcaico, come per i popoli della Mesopotamia, del mondo romano e di quello egiziano chi praticava la medicina erano le sacerdotesse. Erano inoltre femminili le divinità a cui medici e maghi si rivolgevano a fini propiziatori. A consentire questo excursus a ritroso nella storia è stata, tra le altre, l’avvocatessa Gabriella Zevi autrice del volumetto denso di citazioni e riferimenti dal titolo, quanto mai evocativo, “Donne in via di estinzione”. La pubblicazione è uscita nella collana “Saggi per l’anima” di Anima Edizioni.
Ma perché si parla addirittura di estinzione? La Zevi sembra certa sulla causa che determinò un vero e proprio stravolgimento nel destino femminile fino all’estinzione dei ruoli di cui sopra che le donne si erano meritati. Uno vero stravolgimento percepibile anche nei fatti se si considera che, tempo addietro, è esistito pure un “Santuario del parto” di Catal Huyik dove il parto veniva fatto oggetto di celebrazione. Santuario che poi è stato soppiantato dall’agghiacciante Hotel de Dieu parigino dove erano i medici uomini a dettare legge sui corpi delle donne. Questo drastico cambio di passo produce conseguenze deleterie nella vita. E così le donne, private dell’anima e del loro intimo sentire, cominciano ad ammalarsi nell’anima e nel corpo.
Come se non bastasse, ad un certo punto filosofia religione e scienza è come se si unissero in una sorta di patto d’acciaio per annientare la dimensione femminile più autentica. In altre parole, quella società naturale di donne guaritrici, “conciaossa” e levatrici formatisi nella vita reale è costretta a cedere il passo ad una tecnologia medica pensata dagli uomini. Prende quindi il sopravvento una sorta di scientismo, sempre più intenzionato a fare a meno delle donne, divenute ormai pazienti inconsapevoli di dottori in medicina, burocrati e politici. Quanto poi queste lobby di potere siano più interessate alle tecniche da usare sui corpi delle donne rispetto ad una vera e propria relazione con esse, è facilmente immaginabile. Da qui alla negazione della vocazione più autentica della figura del medico, vero seguace di Ippocrate, il passo è davvero breve.
. Di Maria Teresa Biscarini