Nella mitologia greca erano le personificazioni divinizzate delle stagioni e del tempo che trascorre.
Chi erano le Ore
Le Ore o Stagioni erano figure della mitologia greca, figlie di Zeus il padre degli dei e di Temi.
Temi era la seconda moglie di Zeus, dea primordiale del diritto naturale e dell’ordine.
Le Ore erano sorelle delle Moire (le Parche per gli antichi Romani) ed erano considerate le custodi dell’Olimpo, la dimora degli dei.
Esse sorvegliavano le porte della residenza degli dei, aprendole e richiudendole per disperdere o accumulare, ove fosse necessario, la densa cortina di nubi che ricopriva la vetta dell’Olimpo.
Inoltre erano al servizio di Era la prima moglie di Zeus, Giunone per i Romani, dea che esse stesse avevano allevato e cresciuta.
Presiedevano anche al cocchio di Era e di Elio, attaccando e staccando i loro cavalli, e facevano pure parte del corteo al seguito di Dioniso e Afrodite.
Di solito erano rappresentate come leggiadre fanciulle che stringevano tra le mani una pianticella o un fiore.
In origine le Ore erano in tre e simboleggiavano l’alternarsi delle stagioni che per gli antichi greci erano tre: primavera, estate e autunno fuse insieme, inverno.
Conosciamo i loro nomi: Eunomia, la Legalità; Dike, la Giustizia; Irene, la Pace.
Eunomia rappresentava la legge e la legislazione.
In epoca romana divenne la divinità della Disciplina.
Dike è la dea della Giustizia, ed è rappresentata come una vergine perché cosi, deve essere la giustizia, pura dalle corruzioni umane.
Irene, la dea della Pace, era rappresentata come una giovane donna che sorreggeva con un braccio Pluto bambino, dio della ricchezza e nell’altra mano recava una cornucopia con un ramoscello d’ulivo, entrambi simboli della prosperità durante i periodi di pace.
Poi le Ore, sempre secondo gli antichi greci, divennero in sei e si aggiunsero: Tallo, la fioritura primaverile; Auso, il rigoglio estivo; Carpo, la fruttificazione autunnale.
In epoca romana, alle originali sei fanciulle greche, se ne aggiunsero altre tre: Ferusa, la sostanza; Euporia, l’abbondanza; Ortosia, la prosperità.
Alla fine esse, sempre in epoca romana, finirono per rappresentare lo scorrere del tempo e divennero dapprima dodici e infine ventiquattro bellissime giovani donne.
Il mito delle Ore in Storia dell’Arte
Il mito delle leggiadre e bellissime giovani chiamate Ore, ha ispirato la Storia dell’Arte, sia come soggetti singoli, sia come rappresentazione di tutte le sorelle insieme.
Come figlie di Temi, la dea dell’Ordine universale, le Ore erano onorate con un culto particolare e con templi ad Atene, Argo, Corinto e Olimpia.
Da ricordare che, per gli antichi Greci e per i Romani, l’Ordine universale era molto importante, in contrapposizione allo spaventoso Caos.
Esse assicuravano il rispetto delle leggi morali e oltre a tutto, come divinità della natura, presiedevano al ciclo temporale della vegetazione.
Un bassorilievo esposto al Museo del Louvre a Parigi, rappresenta il dio Dioniso con le Ore al seguito.
Si tratta di una copia romana in marmo del primo secolo DC, da un originale greco di epoca ellenistica.
Il pittore italiano Gaetano Previati, uno dei massimi esponenti del movimento artistico detto il Divisionismo, ha incarnato l’eterea bellezza delle Ore in un dipinto del 1899 intitolato La danza delle Ore esposto a Milano alle Gallerie d’Italia.
Il quadro, molto luminoso e dai colori soffusi e dorati, incarna il concetto astratto del trascorrere del tempo nella danza delle Ore.
Le dodici figure femminili, cioè le Ore, danzano leggiadramente tra il cielo, il Sole e la Terra immerse in uno spazio cosmico.
Il geniale Alphonse Mucha pittore, scultore e pubblicitario ceco, uno dei più importanti artisti dell’Art Nouveau, ci ha lasciato un pannello decorativo intitolato Le Ore del Giorno, datato 1899, esposto al Mucha Museum di Praga.
Alla maniera degli antichi greci, il pittore ha rappresentato le Ore nella figura di quattro giovani bellissime donne, inserite in un paesaggio naturale incorniciato all’interno di un elaborato motivo che ricorda una vetrata gotica.
By Rosa Maria Garofalo