Qualche riflessione sulle dichiarazioni dello scrittore francese Yann Moix e la sua visione dell’amore
A cura di Alberto Piastrelli e Eleonora Giovannini
L’apodittica dichiarazione dello scrittore e regista francese Yann Moix, volto noto della TV ed apprezzato editorialista, vincitore nel 1996 del Premio letterario Goncourt, ha scatenato, com’era prevedibile, un vespaio di polemiche dal quale Donna di Fiori non si sottrae preferendo però, cogliere l’opportunità della notizia per una riflessione meno urlata di quanto accaduto sui media e sui social media nei giorni precedenti
“Preferisco il corpo delle donne più giovani, semplicemente” – ha dichiarato su Marie Claire il neanche tanto giovanissimo autore, dal momento che pure lui ha appena superato i fatidici 50, rincarando la dose con un più esplicito “Il corpo di una donna di 25 anni è straordinario. Il corpo di una donna di 50 non lo è affatto”.
Ma guarda un po’; il pupillo del filosofo Bernard Henry-Levy ha scoperto l’acqua calda: si invecchia!
E se all’aitante commentatore non piacciono le donne mature che per lui sono “invisibili” (e neppure le europee dal momento che ha anche espresso le sue preferenze per le donne asiatiche in generale “coreane, cinesi e giapponesi”), cercheremo di farcene una ragione, magari compatendolo per quello che si perde (perché al netto di palestra, botox e ritocchini vari di splendide cinquantenni è pieno il mondo) e facendogli, al contempo, gli auguri per il suo nuovo romanzo “Rompre” che, guarda caso, è incentrato su un episodio autobiografico relativo ad una relazione andata male che, evidentemente, ha lasciato un certo segno.
“Amo chi voglio e non devo certo presentarmi al tribunale del gusto”, ha troncato lo scrittore e per carità, per dirla alla francese, “chacun à son goût”, tuttavia non si può non ravvisare nella personale intemerata del personaggio una certa ambiguità nell’approccio a due dinamiche diverse: amore (sentimento) e desiderio (pulsione).
Ora se è indubbio che se in una certa fase il secondo fa da start al primo, è anche vero che il sentimento amoroso alimenta il desiderio perché rende la persona desiderabile in sé, al di là dei segni del tempo e dell’avvenenza. È una questione di maturità dei sentimenti al cui equilibrio, forse, l’aitante scrittore non è ancora giunto (oppure ci è pure giunto, ma dovendo lanciare l’ennesimo parto letterario a tema ha voluto giocare la carta della scorrettezza formale per conquistare la platea dei social e farsi pubblicità gratuitamente).
Tra l’altro, confessando apertamente, lui, novello cinquantenne, di preferire per una relazione una venticinquenne, da fine pensatore al cui concerto ritiene di appartenere, risulta, in realtà ultimo violino di una pletora trita di personaggi in bilico fra la barzelletta e lo squallore di un filmetto pecoreccio.
Vorremmo chiudere questa riflessione a quattro mani e da punti di vista diversi citando il testo di una canzone di Angelo Branduardi, scritta in collaborazione con Roberto Vecchioni.
Anche questo è un punto di vista, certamente, ma ci sembra partire da basi un po’ più solide.
La donna della sera
Una tua ruga
bella di stanchezza
di più m’intriga
della giovinezza.
Il seno che pende di più mi da
dei seni ritti di ben altra età.
Io mi addormento
sopra il tuo sedere
memoria e vanto
di battaglie vere.
Meglio la tua pelle, arata a terra
di quella liscia di una giovincella.
C’è nell’inverno tuo
quel che l’estate non ha;
caldo l’autunno tuo
più dell’altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale ll letto che prepari tu.
Silenzio ed ombra
mettimi nel cuore
con le tue labbra
che ci sanno fare.
Meglio le tue grasse cosce di pane
dei giunchi acerbi delle ragazzine.
C’è nell’inverno tuo
quel che l’estate non ha;
caldo l’autunno tuo
più dell’altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale il letto che riscaldi tu.
Vince il tuo inverno
sulla primavera.
Ogni tuo segno
è una mia bandiera.
Vince la rosa
che mi mostri intera
su quella chiusa
prima della sera.
Non si sa quanto il punto di vista femminile di una quasi cinquantenne possa contribuire a restituire senso alle parole, dato che sembrano essere state così vilipese dall’ormai tanto noto scrittore in questione. Così popolare che nominarlo sarebbe una ripetizione. E noi che consideriamo il mondo della comunicazione qualcosa di essenzialmente importante, non amiamo compiere simili errori. Noi chi? Noi che conosciamo il tempo e sappiamo molto bene che non ha nulla a che vedere con la sua interpretazione terrena. Noi come Anna Magnani, la quale non invecchierà mai grazie alla sua celebre frase; “ lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele venire”.
Noi come Seneca che di tempo, insieme a Schopenhauer e Nietzsche ne sapeva qualcosa.
Non vi sono romanzi in cui manchi la sottile ricerca della totalità del tempo come reminiscenza di se stessi, così come il giovane Siddharta compì il suo viaggio non di certo alla ricerca delle natiche di una ventenne. La stessa Bibbia contiene riferimenti al significato del tempo. Un tempo dato all’uomo come occasione per relazionarsi con Dio attraverso un dialogo intimo tra il temporale e l’Eterno.
Al nostro scrittore circondato da seni abbondanti, manca forse l’opportunità di cogliere quel versetto 29, nel capitolo 6 di San Matteo, dove il valore del tempo si lascia raggiungere a pieno. Non ci sembra di cogliere inoltre una sorta di similitudine tra lo splendore di Salomone e l’eccesso di autostima di Yann Moix? Certo, prati e fiori, a lui ricorderanno solo un modo per mettere a frutto la profondità delle sue idee circa il modo in cui trascorrere la propria esistenza. E non ci saranno a tenergli compagnia le allodole francescane.