di Benedetta Giovannetti
La festa pare essere originaria del seicento e si ricollega all’arrivo nella città di Firenze di contadini e montanari che provenienti dai contadi vicini che dalle zone del Casentino e della Montagna Pistoiese, venivano in città per festeggiare la natività della Madonna nella Basilica della santissima Annunziata.
Di queste antiche origini ai ragazzi è rimasto l’uso di portare in giro per la città dei lampioni di carta colorata, realizzati nelle forme più varie e bizzarre con un lumicino all’interno appesi in cima ad una canna.
Il pellegrinaggio oltre a motivi di devozione era anche l’occasione per la gente di vendere la propria mercanzia alla fiera che si svolgeva sulla piazza davanti alla Basilica, in Via de’ Servi e nelle immediate adiacente. Ovviamente era necessario trovare dei posti migliori per poter smerciare i propri beni e per questo i contadini partivano molto tempo prima, e nella notte usavano queste lanterne colorate aperte in cima per consentire alla candela o al sego di bruciare.
Con l’andare del tempo per la notte del 7 settembre in città si cominciarono a costruire lanterne ispirandosi a quelle dei contadini e alle forme delle loro donne che erano raffigurate in maniera goffa e con un lume sotto la sottana, appese a lunghe canne e portate in giro con gran baccano di campanacci urla e motteggi vari.
Spesso veniva cantata la cantilena “ona ona ona ma che bella rificolona la mia l’è co’ fiocchi la tua l’è co’ pidocchi” che fu resta celebre anche dal commediografo Augusto Novelli.
A fine serata capitava poi che venissero tirati oggetti contro le rificolone per farle incendiare e questo segnava la fine della festa, dopo la mezzanotte.
La festa è tutt’ora in auge non solo nella piazza ma anche in molti quartieri della città e comuni limitrofi.