La ricetta del dolce porcospino: simbologie e leggende.
Attraverso il cibo, in questo caso il dolce porcospino, si possono ritrovare gli archetipi in noi che ce lo fanno amare, aldilà della bontà e della pancia.
Il porcospino è un animaletto curioso, ha il naso tartufino mentre la vista è poco sviluppata, ha un andamento lento e un po’ goffo, esce di notte, dorme di giorno, è assai timido, quando sente un rumore si spaventa e si arrotola, si difende ma non attacca, non è un caso che si dica chiudersi a riccio.
Se ci pensate, questo è quello che fanno le persone timide e buone, noi donne in particolar modo, ad un’offesa non attacchiamo l’altro ma ci ripieghiamo su noi stesse, abbassando la testa e stringendo le spalle, poi andando a letto ci chiudiamo a uovo, come a proteggerci da sole.
La simbologia del riccio spiega questa nostra autoprotezione, come auto-generazione, ci richiudiamo cullandoci da noi stesse per poi ripartire.
Nella cultura celtica il porcospino era segno di fertilità e fecondità perché il suo ventre sfiora la Madre Terra, anche in Asia ha queste simbologie affiancate all’energia del Sole perché arrotolato ne mutua la forma.
In Oriente è simbolo di prosperità per via del suo raccogliere cibo per l’inverno, del suo essere oculato e risparmioso.
Nella simbologia europea e cristiana è inizialmente visto positivamente, più tardi in modo negativo, essendo una animale notturno, venne connesso con l’oscurità.
Secondo alcune superstizioni le streghe potevano mutarsi in un riccio e poi succhiare il latte alle mucche, è un qualcosa che si tramanda anche nel folklore della Romagna, un serpente chiamato béssa latôna che succhiava il latte delle mucche, mentre di notte, si avvicinava alle puerpere e si sostituiva al poppante.
Il bimbo così deperiva sino a morire lasciando la madre affranta, queste leggende si spiegano con la malnutrizione delle donne che avevano così latte scarso e povero, di nessuna sostanza per i loro figli, i quali già denutriti in fasce, morivano in tanti, si inventava così un nemico fittizio.
In Romagna, a Mercato Saraceno, in marzo vi è la Festa del Porcospino, dove si mangia il “riccio più buono” e il “riccio più bello”.
Eccovi la ricetta:
- 250 burro
- 100 zucchero a velo
- 2 tuorli
- 1 confezione savoiardi
- 1 bustina pinoli o mandorle
- 1 tazzina caffe
- un po’ di liquore a scelta
- cioccolato.
Sbattere bene il burro a temperatura ambiente con lo zucchero, aggiungere i rossi.
Bagnare i biscotti nel caffè con un po’ di liquore, farne uno strato su un piatto ovale, spalmare la crema di burro, procedendo a strati alterni e dando la forma bombata del riccio.
Alla fine ricoprirlo con i pinoli e creare muso e zampe col cioccolato o altro.