Scopriamo insieme l’antica arte giapponese della disposizione floreale che evoca l’umiltà e la potenza della Natura e conduce all’elevazione spirituale.
Di Alberto Piastrellini
Un piccolo esercizio di evocazione d’immagine per introdurre una pratica giapponese che solo superficialmente riguarda l’arredamento, ma che nasconde ben più profondi significati legati alla filosofia Zen e alla visione del mondo: l’Ikebana.
Letteralmente il termine composto ikebana si potrebbe tradurre con il prosaico “fiori viventi” e indica, nel Paese del Sol Levante (dal locale Nihon – origine del sole, da cui “Terra del sole nascente”), l’arte di disporre i fiori recisi in composizioni dalla valenza mistico-simbolica.
Come accade per altre manifestazioni della creatività, l’Arte, in Giappone, non ha un fine puramente estetico; in quanto atto creativo è sempre sottesa ad un processo di elevazione spirituale: vero e proprio cammino verso l’illuminazione interiore.
In questo senso, la pratica dell’Ikebana è anche nota come kadō (Via dei Fiori) che con le consorelle: sadō (Via del Tè) , shodō (Via della Calligrafia) e kodō (Via dell’Incenso) costituisce un pellegrinaggio interiore verso la perfezione fatto di contemplazione, meditazione, conoscenza ed astrazione.
Non è un caso, infatti, che nella casa tradizionale giapponese (vero e proprio condensato della visione del mondo), esiste un apposito spazio domestico, il Tokonoma, ove gli oggetti, essenziali e raffinati scelti secondo le stagioni, l’umore e l’occasione sociale come una stampa, una calligrafia, un bonsai, statuine ornamentali e, un ikebana, appunto), predispongono la mente al pensiero e alla riflessione.
Come per la scrittura, l’origami e il tè anche l’arte di disporre i fiori è stata importata nell’antico Giappone dalle vicine Cina e Corea a partire dal IV Sec. d. C. con l’espandersi del buddhismo attecchendo dapprima come pratica votiva-devozionale e trasformandosi, con il tempo, in raffinato passatempo per le classi nobili e sacerdotali prima di diffondersi in tutti i ceti.
Scordatevi l’opulenza rinascimentale e barocca delle composizioni occidentali e dei nostrani floral design: l’ikebana vuole solo elementi naturali e contenitori al limite dell’umiltà per esaltare, nel contrasto, la ricchezza di forme, volumi e colori di rami, fiori, foglie, boccioli, pietre e l’acqua stessa.
Poche le regole ma infinite le possibilità espressive: solo tre elementi vegetali che nelle diverse altezze simboleggiano: il Cielo (Shin), l’Uomo (Soe) e la Terra (Hikae), raccordati in rapporti spaziali, di profondità ed inclinazione precise nel rispetto di una sostanziale asimmetria che ai nostri occhi abituati alla “forma” appare casuale e disordinata e proprio per questo degna d’interesse.
Nella cultura locale, poi, la scelta dei fiori e delle piante intesse un messaggio preciso facilmente decodificabile per chi detiene la chiave di interpretazione così come lo stile riflette l’evoluzione storica e culturale dell’ikebana dalle sue origini alla contemporaneità.
Perché l’ikebana evolve con il gusto del tempo senza perdere la freschezza delle sue origini e la sua funzione contemplativa.
Ancora oggi, in Giappone esistono apposite Scuole ove si tramandano sapienze antiche nella pratica della disposizione floreale.
E per chi volesse tentare?
Anche in Italia, da sempre molto curiosa e ricettiva nei confronti delle culture orientali si svolgono corsi di ikebana, senza contare che dai primi libri sull’argomento pubblicati negli anni ’60 ad oggi, sono disponibili diversi titoli nei cataloghi delle Case Editrici specializzate in cultura verde, floral ed interior design.
Come sempre il web è un buon punto di partenza, si può tentare di copiare qualche composizione ed iniziare così, per gioco. Non è detto che non ne nasca una passione e, in ogni caso, si porta un po’ di Natura in casa.