Dal Samhain degli antichi celti all’esplosione commerciale del ‘900. Ascesa e declino di una tradizione anglosassone neanche poi così distante dal nostro sentire.
“Dolcetto o scherzetto?”
Fra poco meno di una settimana, ma già la grande distribuzione commerciale che da anni ha fiutato l’affare è pronta sin dai primi di ottobre con tutta la serie di prodotti dedicati e relativo marketing spinto intergenerazionale, si celebra la festa anglosassone di Halloween, ricorrenza laica che la globalizzazione di usi e costumi ha diffuso anche nella nostra area mediterranea così ricettiva agli stimoli culturali esterni.
Avversata da alcuni che guardano con sospetto se non con palese repulsione ai sottotesti che comunica e apprezzata, viceversa, da parecchi adulti e bambini per l’atmosfera giocosa associata al brivido della paura, Halloween è oggi un’occasione di svago in bilico fra i mascheramenti tipici del nostro carnevale e il coté misterico e inquietante delle ritualità nordiche nate per esorcizzare la paura della morte; purtroppo sempre più svilita e commercializzata sull’altare della moda e del mercato.
Cerchiamo di capire meglio come nasce questa ricorrenza, giusto per inquadrare il fenomeno dal punto di vista storico-sociale e lasciamo ad altri più esperti ogni considerazione circa l’eventuale e arbitraria associazione fra questa festa e pratiche esoteriche o più prettamente magiche, magari celebrative del Male in tutte le sue forme.
Halloween nasce in ambito celtico (e ricordiamo che tribù celtiche vissero e si svilupparono anche in Italia prima della conquista romana), col nome di Samhain come festa di passaggio fra l’estate e l’inverno celebrata alla vigilia di quello che il calendario romano avrebbe poi chiamato mese di novembre (una festa analoga che celebrava il passaggio fra l’inverno e l’estate era Beltane).
Come giorno di passaggio legato ad un periodo dell’anno nel quale ci si preparava (ricordiamo di trovarci in un ambito storico e sociale caratterizzato da piccoli insediamenti di agricoltori e cacciatori) ai rigori dell’inverno imminente e all’immagazzinamento delle risorse alimentari, Samhain assume il significato di festa comunitaria e gioiosa, una sorta di Capodanno, ma non solo. Celebrandosi in una notte “di mezzo” che nei fatti non è né estate né inverno, Samhain diventa anche il momento nel quale le barriere spazio-temporali si annullano e cadono gli ostacoli fra il mondo dei vivi e quelle degli spiriti e dei defunti.
A Sahmain, quindi, le popolazioni celtiche festeggiavano la possibilità di “rincontrare” i loro cari e “dialogare” col proprio passato in attesa di un futuro spaventosamente incerto ed oscuro (tanto dal punto di vista alimentare, quanto da quello psicologico, perché d’inverno, c’è meno luce, fa più freddo, ci si isola in casa, ci si ammala di più…).
Anche i Romani avevano ricorrenze analoghe, Parentalia, Feralia e Lemuralia (che però avvenivano in periodi diversi dell’anno), ed è piuttosto comprensibile che, culture diverse abbiano sviluppato nello stesso periodo ritualità similari legate al mistero per eccellenza, quello della morte, del distacco da questo mondo con tutto ciò che ne consegue in termini di permanenza dei legami affettivi, idea di sopravvivenza dello spirito, ecc. (tra l’altro uno dei gesti simbolici legati a queste ritualità aveva a che fare con l’offerta propiziatoria di fave e in molte regioni d’Italia si usa ancora regalare le cosiddette “fave dei morti”, ormai trasformate in dolcetti di marzapane o golosi amaretti).
Naturalmente le tradizioni son dure a morire, specialmente quanto hanno un background plurisecolare pur avendo ormai perso il significato originale; fatto sta che con l’avvento in Europa del Cristianesimo, più che la repressione “armata manu” degli antichi riti pagani poté la strategia politica della sovrapposizione culturale; e così come avvenuto lentamente per tanti luoghi “magici” sostituiti nel tempo da santuari, cappelle votive e luoghi di preghiera, nell’anno 835, papa Gregorio IV, istituì ufficialmente la festa di Ognissanti spostandola da maggio al 1º novembre.
Solo un secolo dopo, nel pieno della riforma cluniacense (998) l’abate Odilone di Cluny istituisce una liturgia eucaristica pro requie omnium defunctorum il 2 novembre e successivamente il rito viene esteso a tutta la Chiesa. Ma vale la pena ricordare che già la chiesa bizantina aveva la tradizione di commemorare i defunti nel periodo fra gennaio e febbraio, guarda caso, più o meno nello stesso mese in cui gli antichi Romani celebravano i Parentalia e i Feralia.
Ma torniamo ad Halloween, che sotto forma di festa laica ha continuato a celebrarsi nelle case e nei villaggi (soprattutto scozzesi ed irlandesi, dove il contatto con le locali tradizioni popolari antiche non si è mai del tutto interrotto). Innanzi tutto, il nome che deriverebbe da una contrazione dell’espressione All Hallows’ Eve (“notte di tutti gli spiriti sacri”) e che designa, appunto la vigilia della notte di “Ognisanti” della cui genesi abbiamo detto.
C’è poi da spiegare il perché delle maschere, delle inquietanti zucche intagliate, del coté horror e dei dolcetti.
Sempre in area anglosassone, già nel tardo Medioevo c’era usanza che i poveri e i derelitti mendicassero alla porta delle case nel giorno di Ognissanti promettendo preghiere per i defunti dei loro benefattori (e presumibilmente scongiuri e maledizioni contro gli avari).
La zucca intagliata (“Jack-o’-lantern”) invece, è un’invenzione più recente dal momento che la pianta è originaria del Nuovo Mondo. In origine si utilizzavano delle semplici rape scavate, ma i coloni irlandesi in America trovarono più comodo usare le zucche, che, peraltro, in questo periodo dell’anno abbondano.
Alla base di questa tradizione ci sono una serie di leggende e fiabe popolari sempre di origine irlandese che vedono protagonista un furbo ubriacone che riesce a gabbare persino il diavolo e tuttavia, alla fine, rifiutato dal Cielo e dall’Inferno è condannato a vagare nel buio per l’eternità alla sola luce di una lanterna ricavata da una rapa intagliata.
E l’horror?
É una invenzione ancor più recente e che risale alla pratica (scozzese) di mascherare i bambini con abiti grotteschi la notte di Halloween per irridere ed esorcizzare gli spiriti e le creature fantastiche del folklore che la tradizione locale vuole liberi di girare indisturbati durante la notte magica.
Da una semplice pratica casalinga e festaiola, già a partire dai primi decenni del 1900, in America si intuiscono le opportunità commerciali e, complice l’immaginario fantastico promosso anche dal Cinema, cominciano ad apparire sul mercato costumi confezionati da acquistare per feste e party.
Il gioco era fatto!
In mezzo a tutto questo si inserisce il revival neopagano della seconda metà dell’800 e tutto un fiorire di subcultura neogotica e dark che celebra l’esoterico e lo normalizza, banalizzandolo, in un semplice bene di consumo.
Così nel tritacarne postmoderno, stemperata in parate carnascialesche ed installazioni, svilita nelle vetrine e negli scaffali dei supermarket, “tirata per la manica” da abili commerciali per pubblicizzare questo o quel prodotto, la vecchia Halloween mostra l’ombra di se stessa come il trucco sbaffato di un vecchio clown in declino.
Strano e malinconico destino che la accomuna a tante altre ricorrenze e festività relegate ad essere appuntamento sul calendario, obbligo sociale o semplice occasione di shopping.
Con buona pace del Mistero e dell’Ignoto .