EBE, LA DIVINITÀ DELLA GIOVINEZZA

Figlia di Zeus ed Era, fu venerata anche dagli antichi Romani

Chi era Ebe

Nacque dal matrimonio fra Zeus (Giove per i Romani) ed Era (Giunone), suo fratello era il dio Ares o Marte.

Era considerata la personificazione della giovinezza.

Nell’Olimpo degli Dei, Ebe era l’ancella prediletta della propria madre Era, inoltre, rivestiva anche l’incarico di coppiera degli Dei, poiché serviva loro l’ambrosia e il nettare.

Il suo posto fu poi occupato da Ganimede, principe troiano poiché Ebe inciampò mentre mesceva ambrosia e nettare agli Dei e suo padre Giove le tolse immediatamente l’incarico.

E’ menzionata più volte da Omero, sia nell’Iliade, sia nell’Odissea; è citata anche da Esiodo nella sua Teogonia, un poema mitologico in cui è narrata la genealogia degli Dei greci.

Ebe divenne la sposa di Eracle (Ercole) quando l’eroe fu divinizzato e ascese all’Olimpo, diventando madre di due figli.

Nell’antica Roma il culto di Ebe fu assimilato a Juventas, dea della giovinezza romana nel III secolo a.C. e dal tempo dell’Imperatore Augusto, la romana Juventas fu raffigurata e concepita con le caratteristiche della dea greca Ebe.

A Ebe fu dedicato un tempio molto noto a Corinto ed era venerata anche in altre città greche.

Il mito di Ebe e la Storia dell’Arte

Il mito di Ebe è raffigurato in vasi e ceramiche greche molto antiche che si possono ammirare in diversi Musei del mondo.

Molti artisti si sono cimentati nel rappresentare la dea greca della giovinezza e l’opera più famosa al mondo è Ebe del grande Antonio Canova.

L’artista italiano ne fece quattro versioni autografate, dal 1796 al 1817 e il gesso originale si trova a Possagno nella Gipsoteca dedicata allo scultore.

La prima versione si può ammirare a Berlino, all’Alte Nationalgalerie; la seconda versione fu scolpita su richiesta di Giuseppina di Beauharnais, prima moglie di Napoleone Bonaparte e si trova al Museo dell’Hermitage di San Pietroburgo.

La terza versione di Ebe fu scolpita nel 1814 per il nobile inglese Lord Cawdor e si trova nel Regno Unito a Chatsworth House, una dimora storica nel Derbyshire.

Infine, l’ultima versione della statua di Ebe la possiamo ammirare qui in Italia, nella Pinacoteca Civica di Forlì.

La contessa Guarini, una nobildonna di Forlì, voleva rendere più sontuosa la sua dimora e commissionò la statua a Canova, famosissimo all’epoca.

Antonio Canova rappresentò Ebe come una bellissima fanciulla a petto nudo, con una pettinatura molto in voga nel periodo cosiddetto del Primo Impero.

La dea ha con sé due oggetti che caratterizzano la sua funzione nell’Olimpo: l’anfora e la coppa con la quale offriva l’ambrosia e il nettare agli Dei.

L’opera fu aspramente criticata perché anfora e coppa non erano in marmo bensì in bronzo. 

In pittura invece diversi pittori rappresentarono Ebe nell’episodio in cui la dea offre da bere a suo padre Giove nelle sembianze di un’aquila.

Tra questi ricordiamo Angelika Kauffmann con il suo dipinto Ebe, datato 1780 ed esposto in Gran Bretagna a Warwick Castle.

In Italia ci sono due dipinti che raffigurano Ebe nel medesimo episodio: uno del pittore Gaspare  Landi dal titolo Ebe coppiera dell’aquila di Giove, datato 1790/1799 ed esposto a Brescia nei Civici Musei di Arte e Storia.

L’altro è un dipinto della pittrice italiana Maria Callani che si può ammirare alla Pilotta di Parma.

Il quadro dal titolo Ebe che porge da bere a Giove trasformato in aquila è del 1803.

Curiosamente, durante il 1700 fino alla prima metà del 1800, molte donne nobili in tutta Europa, si fecero ritrarre dai pittori più famosi della loro epoca in veste di Ebe che porge da bere a suo padre Giove.

By Rosa Maria Garofalo

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