Nella vasta galassia delle divinità greche, Dike emerge come una figura cruciale e affascinante, rappresentando l’ideale della giustizia legale e morale.
Figlia di Zeus e Temi, Dike incarna i principi di equità e ordine, ed è spesso associata al mantenimento della giustizia nelle relazioni umane e divine.
Origini e ruolo di Dike
Dike è una delle Ore, dee delle stagioni e dell’ordine naturale. Nata dall’unione di Zeus, il re degli dèi, e Temi, la dea della giustizia cosmica, Dike ha ereditato una doppia dimensione nella sua rappresentazione della giustizia: quella universale di Temi e quella più concreta e legale. La sua nascita da Zeus e da una delle divinità primordiali, la colloca in una posizione unica per gestire la giustizia in situazioni sia cosmiche e sia terrene.
Dike è soprattutto nota per la sua funzione di dea della giustizia legale e morale.
A differenza di Temi, che si occupa dell’ordine cosmico e di Nemesi, che si concentra sulla vendetta e sulla giustizia retributiva, Dike è preposta al mantenimento dell’equità e al rispetto delle leggi nella vita quotidiana. La sua responsabilità è quella di garantire che le leggi siano applicate equamente e che la giustizia prevalga nei conflitti e nelle dispute tra gli uomini.
Simbolismo, mito e funzioni di Dike
Dike è stata spesso rappresentata con una bilancia e un ramo di ulivo. La bilancia simboleggiava l’equilibrio e la misura, strumenti fondamentali per garantire una giustizia equa e imparziale. Il ramo di ulivo, tradizionalmente simbolo di pace e armonia, rifletteva il suo ruolo nel promuovere l’armonia sociale attraverso l’applicazione delle leggi.
Nelle rappresentazioni artistiche, Dike è stata talvolta mostrata con una corona di alloro, simbolo di onore e giustizia. La sua immagine è di una figura severa ma giusta, che vigila sul rispetto delle norme e delle leggi.
Dike svolgeva un ruolo fondamentale nel sistema giuridico e morale dell’antica Grecia.
La sua funzione era di garantire che la giustizia fosse applicata in modo corretto, risolvendo conflitti e dispute secondo i principi legali e morali. A differenza di Nemesi, che puniva i trasgressori e ristabiliva l’equilibrio attraverso la vendetta, Dike si occupava di assicurare che le leggi fossero rispettate e che la giustizia potesse prevalere senza l’uso della vendetta.
Mentre Temi rappresentava l’ordine cosmico e la legge universale e Nemesi si concentrava sulla vendetta e la giustizia retributiva, Dike è focalizzata sull’equità e sull’applicazione pratica delle leggi tra gli esseri umani. Temi e Dike condividono un’origine familiare e un legame con l’ordine e la giustizia ma Dike è più specificamente orientata verso la giustizia legale e sociale.
Dike rappresentava dunque un aspetto fondamentale della giustizia nella mitologia greca, dedicata al mantenimento dell’equità e al rispetto delle leggi. La sua funzione di dea della giustizia legale e morale la collocava come custode del corretto funzionamento della società, differente ma complementare rispetto a Temi e Nemesi. Attraverso la sua iconografia e il suo ruolo nei miti, Dike continuava a simboleggiare l’importanza dell’equità e della giustizia nella vita quotidiana e nelle dispute legali. La sua figura rimane un’importante rappresentazione della giustizia pratica e morale nella mitologia greca.
Il mito di Dike e la Storia dell’Arte
La dea Dike non è stata frequentemente rappresentata nelle arti visive, né in scultura né in pittura. Tuttavia nella letteratura dell’antica Grecia, è citata da autori come Pausania, Platone, Pindaro e altri drammaturghi.
Nel tempo Dike è stata assimilata ad Astrea, mantenendo gli stessi attributi di giustizia ed equità. Secondo il mito, Astrea abbandonò l’umanità e ascese al cielo, formando la costellazione del segno zodiacale della Vergine.
In epoca moderna, Astrea è raffigurata in un grande bassorilievo marmoreo del 1886, che si può ammirare negli Stati Uniti. La scultura è attribuita all’artista Augustus Saint-Gaudus e si trova nella Vecchia Aula della Corte Suprema presso il Vermont State House a Montpellier, Vermont.
By Rosa Maria Garofalo