Donna Fresia

Perché regalare le perle porta sfortuna

di Benedetta Giovannetti Le perle sono una pietra preziosa legata all’idea di purezza e perfezione ed è considerata simbolo di fertilità proprio per via del processo di formazione e di nascita, inoltre secondo antiche credenze racchiude anche delle proprietà magiche ed è tradizione regalarle alla sposa il giorno delle proprie nozze. Tuttavia le perle non sono solo legate a significati positivi secondo alcune superstizioni le perle sono associate alle lacrime e porta sfortuna regalarle. L’associare le perle alle lacrime deriva da una leggenda Indù, secondo la quale la perla sarebbe proprio nata dalle lacrime della luna ed in quanto tale sarebbero associate al pianto. Anche in alcuni paesi dell’Europa centrale c’è una superstizione diffusa tra i gioiellieri che associa le perle alle lacrime della luna ma in senso positivo stavolta; in quanto sarebbero viste come lacrime di gioia. Altri racconti cinesi e giapponesi associano le perle alle lacrime poiché i pescatori addetti alla loro ricerca stavano spesso a lungo in mare e le loro donne piangevano lacrime di dolore per via della loro assenza. Ecco quindi spiegato come nasce la superstizione che regalare le perle porti sfortuna, ma se proprio non si vuole rinunciare a regalarle? Se si vogliono lo stesso regalare le perle ci sono accorgimenti da prendere: se si regalano le perle queste dovrebbero essere in numero pari e la persona che le riceve deve dare in cambio una moneta come gesto scaramantico contro la sfortuna.
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La rificolona antica festa toscana

di Benedetta Giovannetti La festa pare essere originaria del seicento e si ricollega all’arrivo nella città di Firenze di contadini e montanari che provenienti dai contadi vicini che dalle zone del Casentino e della Montagna Pistoiese, venivano in città per festeggiare la natività della Madonna nella Basilica della santissima Annunziata. Di queste antiche origini ai ragazzi è rimasto l’uso di portare in giro per la città dei lampioni di carta colorata, realizzati nelle forme più varie e bizzarre con un lumicino all’interno appesi in cima ad una canna. Il pellegrinaggio oltre a motivi di devozione era anche l’occasione per la gente di vendere la propria mercanzia alla fiera che si svolgeva sulla piazza davanti alla Basilica, in Via de’ Servi e nelle immediate adiacente. Ovviamente era necessario trovare dei posti migliori per poter smerciare i propri beni e per questo i contadini partivano molto tempo prima, e nella notte usavano queste lanterne colorate aperte in cima per consentire alla candela o al sego di bruciare. Con l’andare del tempo per la notte del 7 settembre in città si cominciarono a costruire lanterne ispirandosi a quelle dei contadini e alle forme delle loro donne che erano raffigurate in maniera goffa e con un lume sotto la sottana, appese a lunghe canne e portate in giro con gran baccano di campanacci urla e motteggi vari. Spesso veniva cantata la cantilena “ona ona ona ma che bella rificolona la mia l’è co’ fiocchi la tua l’è co’ pidocchi” che fu resta celebre anche dal commediografo Augusto Novelli. A fine serata capitava poi che venissero tirati oggetti contro le rificolone per farle incendiare e questo segnava la fine della festa, dopo la mezzanotte. La festa è tutt’ora in auge non solo nella piazza ma anche in molti quartieri della città e comuni limitrofi.
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Le pietre delle streghe

di Benedetta Giovannetti Durante una camminata o in riva al mare vi è mai capitato di trovare un sasso bucato? Non sono pietre facili da trovare eppure e in riva ai laghi, sulle spiagge e lungo i torrenti ogni tanto se ne trova qualcuna ma cosa rappresentano?Allora se trovate qualcuna di queste pietre forate raccoglietela perché secondo le culture nordiche è un dono che la natura ha pensato per voi, si ritiene infatti che queste pietre siano una sorta di talismano naturale che protegge dalle malattie, dagli spiriti maligni e che porti fortuna e prosperità. Tale leggenda però non è una credenza di un popolo isolato ma è alla base di moltissime culture ed è di origine antichissima. Infatti non solo tale pietra si trova sotto forma di reperto in molti musei di storia naturale ma anche altri portafortuna come l’acchiappasogni dei nativi americani e alcune monete cinesi hanno la stessa conformazione. Questo prova che tutti i popoli avevano un culto per questo simbolo e che era venerato al pari degli dei. In Europa possiamo far risalire questa credenza ai celti.Le pietre forate in maniera naturale sono tali per effetti di acqua, aria o a volte degli animali, che scavano nella pietra fino a che non appare un foro che crea quella che oggi viene chiamata la pietra delle streghe. A queste pietre erano appunto riconosciuti poteri magici tipo capacità curative, protezioni da maledizione, dalle streghe e dalle malattie. Ancora oggi in Norvegia e Svezia queste pietre sono appese sulle culle dei neonati e sulle pareti dei letti degli ammalati perché si ritiene siano in grado di scongiurare gli incubi e conciliare il sonno. Ma la loro capacità più potente sarebbe quella di aprire le finestre attraverso le quali vedere il mondo degli spiriti invisibili. Secondo un’altra leggenda se si

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La rosa del deserto, un fiore “particolare”

di Benedetta Giovannetti Essa è un aggregato di cristalli di gesso, il cui colore giallo ocra è dato dal frutto di tracce di altri minerali. Il suo nome è dato dall’ambiente in cui si forma, e dalla sua peculiare forma che ricorda tanto i petali di una rosa. Il gesso che compone le rose del deserto si cristallizza in un sistema monoclino di aggregati a forma di cristalli piatti che si assottigliano verso le estremità. Questa forma è indotta dall’ambiente arido tipico della sabbia desertica. Infatti e alte temperature e l’aria tersa inducono una evaporazione mineraria selettiva che porta alla formazione dei cristalli di gesso a forma di rosa. Dal punto di vista chimico il suo composto è solfato di calcio idrato. Il colore giallo ocra è dato dalla sabbia che si incorpora nella struttura cristallina della pietra e dai minerali che essa contiene, se nella sabbia sono presenti ossidi di ferro, la rosa assume un colore quasi arrugginito. Tale “fiore” si trova prevalentemente nelle località desertiche o dove l’aria è tersa e l’ambiente è arido, per questo si può trovare in varie località del globo, tipo Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Emirati Arabi. In Europa si trova in alcune isole della Spagna, mentre negli Usa si forma in Arizona e Messico. A volte viene usata anche in cristalloterapia come ciondolo per aiutare a recuperare speranza a forza specie a seguito di esperienze negative.
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I cinque animali sacri dell’antico Egitto

di Benedetta Giovannetti Scopriamo quindi quali erano i cinque animali sacri nell’antico Egitto. Alcuni erano considerati divinità e venivano venerati come dei con tanto di templi e statue in loro onore. Il primo animale sacro è il coccodrillo. Costui è tra gli abitanti più famosi del Nilo ed è conosciuto fin dall’antichità, rappresentava il dio Sobek ed era venerato dagli antichi egizi che mummificavano anche molti esemplari di questo rettile, simbolo della fertilità e del potere assoluto del faraone. Addirittura per molti egiziani era considerato un onore morire nelle fauci di questo animale. Tutt’oggi i pescatori eseguono diversi rituali prima di salpare con le loro barche per evitare di incontrarne uno. Il secondo animale sacro è il falco che rappresenta il dio Horus, considerato creatore della civiltà, è legato al cielo, alla guerra ed alla caccia ed era figlio di Iside e Osiride. Da qui la leggenda dell’occhio di Horus che ha caratteristiche magiche, purificanti e curative, pare infatti che il dio perse l’occhio sinistro in un combattimento contro lo zio responsabile della morte di suo padre, occhio che venne sostituito da uno dotato di poteri magici. Terzo animale sacro è il gatto, il più famoso tra gli animali sacri dell’antico Egitto, era considerato l’anello do congiunzione tra cielo e terra, tanto che quando moriva un gatto i faraoni concedevano loro funerali degni di un nobile. Bastet non a caso aveva la testa di gatto e proteggeva la casa i templi tenendo lontano gli spiriti maligni. Quarto animale è lo sciacallo, associato ad Anubi il dio dei morti e protettore degli imbalsamatori. A lui il compito di accompagnare gli spiriti dei defunti al cospetto di Osiride che pesando i loro cuori decideva se ammetterli in paradiso. Quinto animale è lo scarabeo, legato al sole del mattino il dio Khepri, appare

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L’erba di San Giovanni, un potente antidepressivo

di Glenda Oddi Siamo abituati a pensare che i rimedi naturali siano più blandi ed innocui di quelli farmaceutici ma non è così. Anche l’uso di erbe, decotti, capsule e quant’altro può essere realizzato con sostanze officinali di origine naturale, deve essere effettuato con criterio e su indicazione di un medico o comunque di un erborista. Un caso esemplare è quello dell’iperico, noto anche col nome di “erba di San Giovanni”(per il suo momento di massima fioritura che cade in prossimità del giorno di Giugno dedicato al santo). Una denominazione popolare la chiama “scacciadiavoli” proprio perché capace di liberare la mente dai pensieri negativi. Questa pianta dai caratteristici fiori gialli è, infatti, un potente antidepressivo e la sua efficacia è stata confermata da analisi scientifiche. Come per i farmaci con le medesime proprietà, i suoi benefici si accompagnano ad effetti collaterali quali: ansia, attacchi di panico, vomito, amnesia. Inoltre può interagire con altri farmaci che si stanno assumendo, per esempio riduce l’effetto della pillola anticoncezionale e interferisce con alcune sostanze che garantiscono la fluidificazione del sangue. L’iperico è quindi un vero e proprio farmaco, anche se non prodotto in laboratorio ma creato dalla natura. La sua azione è affine agli antidepressivi tradizionali e per questo ne presenta anche gli stessi effetti collaterali. Per questo motivo non deve essere mai auto-prescritto e assunto con leggerezza. La sua sensibilità alla luce solare rende comunque questo rimedio non consigliabile durante il periodo estivo perché potrebbero insorgere arrossamenti ed eczemi. Anche se analisi scientifiche hanno pienamente provato la sua azione antidepressiva sul sistema nervoso, riconoscendolo di fatto come uno psicofarmaco, ancora attualmente è acquistabile senza prescrizione medica.
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Lo scarabeo egizio un amuleto porta fortuna

di Benedetta Giovannetti Lo scarabeo egizio era considerato un potente amuleto sin dai tempi antichi con funzione magica apotropaica di eterna rinascita nel divenire e trasformarsi, assicurando solo eventi felici e un miglioramento nelle facoltà intuitive e spirituali. Lo scarabeo per via dei suoi poteri divenne presto il simbolo stesso dell’Egitto ma ben presto fu usato anche da altri popoli quali i Fenici, Cartaginesi e Greci. Con l’avvento della VI dinastia comparvero i primi amuleti che poi divennero estremamente diffusi solo a partire dal Nuovo regno dove compariranno anche le prime decorazioni sull’addome piatto quali iscrizioni e disegni. Durante il periodo degli Hyksos le decorazioni cambiano nuovamente con decorazioni di tipo orientaleggiante e con l’aggiunta di zampe lunghe e piegate sotto il ventre. In alcuni casi vi era inciso anche il nome del sovrano come protezione e buon augurio. In antichità erano realizzati con pietre verdi, simbolo di Osiride quali il calcedonio oppure in lapislazzuli, faienice e paste vitree. Poteva essere usato nei monili o su bracciali e anelli oppure inserito nei pettorali come quelli del corredo funebre di Tutankhamon. Col passare del tempo apparve anche in ambito funerario posto sul petto della mummia dopo la cerimonia dell’apertura della bocca.
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La cromoterapia, i benefici dei colori

di Glenda Oddi Che i colori sono associati alle nostre emozioni è cosa nota a tutti (il nero del lutto, il rosso della passione, il verde della speranza …) ma pochi sanno che vengono usati fin da tempi remoti con effetti terapeutici in pratiche alternative alla medicina tradizionale. Stiamo parlando della Cromoterapia, cioè della cura delle persone attraverso i colori. L’uso di questi aiuterebbe, secondo questa pratica, il corpo e la mente a ritrovare l’equilibrio perduto. Si basa sull’idea secondo la quale quando una parte del corpo viene esposta ad un’irradiazione colorata essa assorbe le onde elettromagnetiche caratteristiche di quel colore. Gli atomi delle cellule del corpo acquisiscono dunque un movimento oscillatorio in linea con quello del colore da cui sono colpite andando a riacquisire il giusto movimento ed equilibrio nel corpo. Dunque i colori riescono a correggere la disarmonia oscillatoria degli atomi delle cellule del nostro corpo che è alla base del nostro malessere. La cromoterapia usa i tre colori primari e altri cinque frutto della loro combinazione: rosso, blu, giallo, arancione, verde, indaco, violetto, turchese. Ognuno di essi veicola una qualità, una specifica capacità. Riguardo i modi d’impiego della cromoterapia essa può avvenire attraverso: irradiazione luminosa; massaggi attraverso prodotti con pigmenti colorati; visualizzazione e respirazione; bagno con acqua colorata o luci; abiti; luce solare (perché comprende in essa tutti i colori), alimenti (mangiando cibi di un certo colore). L’efficacia della cromoterapia non è provata da alcuna evidenza scientifica. La medicina la considera comunque una pratica terapeutica dolce, perché del tutto innocua e capace di agire soprattutto sulla psiche attraverso un processo di suggestione.
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Il linguaggio dei fiori: un modo per inviare un messaggio nascosto

di Glenda Oddi Secondo la più romantica delle tradizioni vittoriane ad ogni fiore corrisponde un significato. Scegliere quali piante mettere in giardino, sul balcone o in casa può quindi diventare qualcosa di più di una scelta estetica. Se si guarda con attenzione al linguaggio segreto dei fiori è possibile optare per quelle piante che veicolano dei significati in linea con le nostre caratteristiche personali, facendo così diventare la nostra casa ancora più accogliente. Senza dubbio, però, l’uso che si fa maggiormente del significato dei fiori è legato alla scelta di quali dare in dono. Accompagnare un fiore ad un biglietto che spiega il suo significato nascosto avrà senza dubbio un grande fascino. Sono davvero tantissimi i fiori a cui le tradizioni culturali delle varie epoche hanno attribuito uno specifico significato. Nei vari luoghi, tempi e culture, ogni fiore ha avuto diverse interpretazioni, a volte anche contrastanti. Vediamo quali sono i significati maggiormente condivisi dei fiori più noti: ROSA. Indica un forte trasporto emotivo e muta significato a seconda del colore. Quella rossa allude alla passione amorosa, quella bianca alla purezza e all’umiltà, quella rosa all’amicizia e alla grazia, quella gialla alla gelosia. GIRASOLE. Indica allegria, gioia, vivacità. È il fiore ideale da regalare ad un’amica per trasmetterle affinità. ORCHIDEA. Indica la dedizione totale e piena. Può quindi esprimere un amore puro e sincero o una piena lealtà verso qualcuno. TULIPANO. È anch’esso un fiore che allude all’amore, quello rosso indica una dichiarazione d’amore, mentre quello giallo un amore disperato. VIOLA. Allude alla fedeltà se blu, se bianca alla modestia. GAROFANO. Se rosa indica amore femminile e affetto, se bianco fedeltà eterna, se rosso amore ardente, se giallo indecisione riguardi i propri sentimenti, se striato indica rifiuto. GINESTRA. Allude all’umiltà e alla modestia.
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La leggenda celtica del vischio

di Benedetta Giovannetti Il vischio è una pianta sempre verde particolare infatti è una pianta parassita, il suo seme, infatti si insinua nella pianta che lo ospita fino ad innestarsi e a diventare parte di essa. Per il Celti il vischio era il simbolo era il simbolo della resurrezione, della sopravvivenza della vita alla morte, affascinati dalla sua vita aerea credevano che fosse un simbolo degli dei e per questo per il fatto che fosse in grado di vivere senza toccare terra i celti gli attribuivano un grande potere. Tanto che per raccogliere questa pianta attuavano una serie di cerimonie, volte a celebrare la sopravvivenza dello spirito alla morte fisica. Infatti i Celti credevano che il vischio avesse un ciclo vitale di tre fasi: un soggetto che trapassa la morte rappresenta il vischio, l’uccello che ne trasporta i semi è il messaggero della vita e l’intenzione divina conferisce il potere di nascere e di crescere. Esso pertanto era una delle piante più preziose dell’erboristeria celtica, ed era associato alla vita di un re o di un grande capo. Il vischio veniva raccolto nel sesto giorno di luna crescente, quando si incrementava di potenza. Il druido che lo tagliava, officiando la cerimonia era interamente vestito di bianco e venivano sacrificati dei giovani tori bianchi per rinnovare il patto con la divinità. I cristiani ripresero in parte questa tradizione del vischio come pianta portatrice di fortuna con il gesto di baciarsi sotto il vischio.
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