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INCI: per conoscere gli ingredienti dei prodotti cosmetici

Il suo obbligo è relativamente recente; saperlo leggere bene è difficile quanto essenziale. Di Eleonora Sbaffi Quando si va a fare la spesa è buona norma leggere l’etichetta di un cibo o di un prodotto per vedere cosa contiene. Sarebbe altrettanto saggio adottare questa abitudine anche quando si acquistano creme, bagnoschiuma e altri prodotti per il corpo. Saper leggere l’etichetta di questi infatti, è molto utile e diventa essenziale per quelle persone che soffrono di allergie a qualche ingrediente, ma anche a coloro che vogliono semplicemente fare un acquisto responsabile e consapevole. Per questo, dal 1997 l’Unione Europea ha reso obbligatorio l’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), cioè la nomenclatura internazionale usata per gli ingredienti dei cosmetici. Il suo principale scopo è proprio quello di tutelare il consumatore, informandolo sugli ingredienti che un determinato prodotto contiene. I consumatori sono diventati sempre più sensibili e attenti nella scelta dei prodotti, scegliendo maggiormente prodotti bio, che non contengono microplastiche che non sono testati sugli animali ecc.. Ma per fare un acquisto consapevole è necessario imparare a leggere e decifrare l’INCI dei prodotti. Ecco alcune informazioni da tener conto quando si acquista un prodotto. Innanzitutto, i componenti di un prodotto cosmetico sono sempre elencati in ordine di quantità decrescente. Questo significa che il primo ingrediente è quello presente in quantità maggiore e l’ultimo in quantità minore. Gli ingredienti che sono presenti al di sotto dell’1% sono inseriti in ordine sparso. Solitamente nelle creme, il primo ingrediente, quello più presente, è l’acqua. Un alto fattore da tener conto è il linguaggio; se un ingrediente è scritto col suo nome botanico originario in latino significa che non ha subito trasformazioni chimiche e quindi è stato inserito tal quale, invece, se è scritto in inglese significa che ha subìto una sintesi chimica.Per identificare i colori si usa

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Palestra fai-da-te in casa: esercizi e attrezzi homemade per restare in forma

Se non amate allenarvi in palestra, seguite il trend dell’homefitness, ovvero della palestra in casa fai-da-te. Ecco i consigli, gli attrezzi e i tutorial per esercizi semplici ed efficaci. Di Anna Rita Felcini Passiamo ore sedute in ufficio o sedute in macchina, poi corriamo da una parte all’altra, a ritmi frenetici per tutta la settimana, perché dobbiamo pensare alla famiglia, alla spesa, alla casa. E sempre più spesso non abbiamo tempo da dedicare al nostro fisico, tempo per mantenerci in forma, soprattutto col passare degli anni, perché le ore a disposizione in una giornata sono “finite”, così come i soldi da spendere. Né tantomeno abbiamo voglia di preparare di corsa la borsa per andare in palestra, fare la fila per usare un attrezzo, aspettare il turno per fare la doccia e chiedere ogni volta all’assistente di sala o all’istruttore come si usa quel tapis roulant… Ma tenere il nostro corpo in forma, facendo qualche esercizio un paio di volte a settimana, sarebbe proprio ciò di cui il nostro organismo avrebbe bisogno. E allora quale alternativa migliore dell’homefitness per dimagrire, recuperare un po’ di energia e scaricare un po’ di tensione? Fare palestra a casa, ormai, è diventata una vera e propria moda, non solo per chi ha poco tempo, ma anche per chi non ama l’ambiente dei centri sportivi, per chi è particolarmente pigro e per chi non vuole spendere soldi. Se avete una stanza libera in casa, ma anche un angolo in camera da letto, in salone o in terrazzo, è proprio lì che dovrete pensare ad organizzare la vostra piccola palestra. Bastano, poi, un tappetino per fare ginnastica, due bottiglie d’acqua da 1 litro e mezzo, una scopa, una sedia e la “home gym” è pronta. Ecco alcuni esercizi utili e qualche attrezzo “homemade” per mantenersi in forma

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Bonsai: connubio gentile tra Natura e Arte

Piccoli capolavori di scultura vegetale la cui cura e contemplazione inducono all’armonia interiore. Di Alberto Piastrellini Osservare un bonsai è sempre un’esperienza che tocca corde nascoste nel profondo dell’animo. Quel piccolo abete, quell’acero fronzuto, quella quercia contorta e vecchissima sembrano un fotogramma in campo lunghissimo di un fantastico bosco ideale dove gli alberi hanno una forma precisa e rispondono a determinate associazioni di idee. Poi ci si avvicina e si scopre la magia delle proporzioni complessive che creano quell’illusione: il reticolo della corteccia, la forma coerente del tronco, le foglie in miniatura, minuscole “colline” di muschio che incorniciano la base della pianta in un paesaggio sereno e severo al tempo stesso ove, ugualmente, la forma armonica del vaso contribuisce a costituire un frammento di realtà che parla del tutto. L’arte di far crescere le essenze arboree in piccoli vasi, ingrossando il tronco ed “educando” i rami per conformarli ad un disegno complessivo che risponde a canoni estetici precisi si è sviluppata in Giappone a partire dal VI Secolo, allorquando studenti e diplomatici del Sol Levante tornarono dalla Cina della dinastia Tang con vasi contenenti “giardini in miniatura” chiamati penjing. Nei secoli successivi l’approccio filosofico Zen favorì, come in molti altri aspetti della vita e delle attività quotidiane, il fiorire di una disciplina ibrida, in questo caso connubio fra botanica, giardinaggio e scultura volta a produrre “piante in ciotola”: bonsai, infatti, è il termine nato dall’unione dei caratteri bon (ciotola) e sai (piantare), con l’obiettivo di riprodurre in casa, per il proprio e l’altrui godimento, un’opera vivente in grado di suggerire sensazioni quali solo le grandi manifestazioni della natura possono evocare. La forza di una conifera abbarbicata alla roccia della montagna piegata negli anni dal vento impetuoso, oppure la contorta maturità di un albero secolare o, perché no, l’assurda perseveranza della

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In inverno la salute è color radicchio!

Scopriamo perché “amaro” è sinonimo di “benessere” Di Serena Lepri Povero di calorie perché ricco di acqua, ma ricco di fibre, favolose per regolare l’equilibrio intestinale e provocare senso di sazietà, il radicchio è uno dei principali ortaggi invernali. Il radicchio rosso offre numerose proprietà benefiche che è bene sfruttare per il nostro organismo, soprattutto in inverno: grazie al suo sapore amaro, donato dalla presenza di composti fenolici, ci permette di combattere i fastidiosi malanni di stagione con i suoi effetti antimicrobici e antibatterici. Il gusto amaro, tuttavia non sempre apprezzato, è anche un importante attivatore delle secrezioni salivare e biliare e facilita, di conseguenza, la digestione. Il radicchio contiene, in aggiunta, molti sali minerali, soprattutto calcio e potassio. Il suo accattivante colore rosso-viola intenso è donato dalle antocianine, composti polifenolici che contribuiscono anch’essi al tipico sapore dell’ortaggio: sono loro che proteggono il cuore e mantengono in salute i vasi sanguigni. Quindi “amaro” è “benessere”! Il particolare gusto del radicchio può essere sfruttato per giocare in cucina: proviamo a metterlo in contrasto con il dolce dell’uvetta e della cipolla nello “Strudel Salato al Radicchio”. Ecco la ricetta! Ingredienti: una sfoglia di pasta brisée mezza palla di radicchio una manciata di uvetta una manciata di pinoli mezza cipolla olio evo q.b. sale q.b. pane grattugiato q.b. Procedimento: lavare e tagliare grossolanamente il radicchio, strizzarlo per bene e farlo appassire per 5-6 minuti in una padella dove precedentemente è stata fatta imbiondire la cipolla tagliata a fettine. Aggiungere i pinoli e l’uvetta e una spolverata di pane grattugiato; aggiustare di sale. Riporre il composto al centro della pasta brisée srotolata, creando una specie di salsicciotto di radicchio, e poi chiuderla a mo’ di strudel. Bucherellare lo strudel e aggiungere sopra un po’ di pane grattugiato a pioggia (così che ricordi lo zucchero

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Gentil sesso e dolci tentazioni

Alla scoperta di un cliché alimentare tra bisogno fisiologico, ricerca del benessere e attrazione fatale. Di Alberto Piastrellini “Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie” I versi che aprono e chiudono questa divertente poesia di Guido Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916) pur riferendosi ad un mondo scomparso di prurigini e pudori celati sotto velette e crinoline all’apice della Belle Epoque, illustra benissimo il rapporto quasi carnale che lega indissolubilmente l’universo femminile alla pasticceria, tanto quella consumata, quanto quella prodotta in casa. L’immagine della mamma che prepara una torta; della nonnina che sforna i biscotti; così come delle amiche che si ritrovano per un tè con annessa dovizia di golosità proprio perché luogo comune è divenuta iconica ed abusata anche oggi quando le occasioni, per molte, di mettersi in cucina è diventato un lusso (in termini di disponibilità di tempo), oppure un’ostentazione modaiola con annessa gara alla cerca del robot più performante. La stessa idea di festa e di abbondanza sottese alla produzione di un dolce fatto in casa, retaggio di un tempo in cui, per molti, la piramide alimentare si fermava alla base, è oggi abbondantemente superata dalla disponibilità illimitata di fonti di zuccheri semplici e complessi e dallo sperpero che, almeno in Occidente si fa di prodotti dolciari industriali e non. Eppure, c’è una complessa serie di ragioni per le quali femminilità e dolci vanno a braccetto. Cerchiamo di scoprirne qualcuna. La soglia di percezione del dolce è la più alta rispetto a quella degli altri gusti (amaro, aspro, salato, umami) e sembra che la sensibilità verso gli zuccheri in generale sia piuttosto antica in termini evoluzionistici, non è un caso che i neonati preferiscono soluzioni che presentano una concentrazione più alta di lattosio, lo zucchero già presente

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Lo sport al femminile: basta sceglierlo con cura in base all’età

Praticare un sport fa bene al corpo, alla mente e all’umore. Sentirsi in forma, camminare, dedicarsi del tempo, avere più energia sono sensazioni irrinunciabili per il benessere delle donne, a tutte le età. Di Annarita Felcini Tutti sappiamo che fare sport regolarmente rappresenta la via giusta per sentirsi bene, in forma e attivi, meglio ancora se lo abbiniamo a un regime alimentare sano ed equilibrato e a uno stile di vita corretto. Eppure, per una ragione o per l’altra, iniziare è spesso difficile. In particolare per noi donne che, il più delle volte, sempre oberate da mille cose da fare, piuttosto ci rinunciamo pur di non aggiungere ulteriormente altri “impegni stressanti” da seguire. Eppure basterebbe poco, qualche ora a settimana di attività fisica per scaricare proprio lo stress, prevenire molte malattie, recuperare un po’ di energia e sentirsi meglio con se stesse e il proprio corpo. L’importante è scegliere un’attività fisica che non solo tenga conto dei nostri gusti e degli obbiettivi desiderati (dimagrire, tonificare, rilassarsi, divertirsi, rafforzare alcune parti del corpo o lenire particolari dolori dovuti a infortuni o patologie), ma anche della fase della vita che si sta attraversando e all’età che si ha. Ecco alcuni consigli utili per fare sport rispettando i propri gusti, la propria età e il tempo che si ha a disposizione, così da farlo diventare un piacere più che un dovere. Fino ai 35 anni È il momento della massima forza e resistenza fisica: già dai 18 anni, le donne sono in grado di allenarsi in maniera intensa e assidua, anche 3/4 volte a settimana, grazie alle incredibili capacità di recupero e a una gestione del proprio tempo libero molto più flessibile. Aerobica, corsa (da sole o in compagnia), spinning, walking, fitboxe (che non solo mantiene in forma tutto il corpo, ma aiuta

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Neve: le caratteristiche positive per apprezzarla di più

Alla scoperta dei benefici del manto bianco dell’inverno Di Eleonora Sbaffi La neve è una di quelle cose che o la si ama, o la si odia. Ma pensiamo di trovarci in montagna, al caldo dentro una baita e di guardare una copiosa nevicata mentre stiamo sorseggiando una gustosa tisana…non possiamo negare che sia una sensazione oggettivamente piacevole. Ma al di là dei gusti personali e dalle diverse sensazioni che stimola in ogni ognuno di noi, la sua presenza reca diversi benefici, sia per le persone, sia per l’ambiente. A livello ambientale la neve, insieme alle piogge, aiuta ad abbassare i livelli di smog, pulendo l’aria da sostanze inquinanti (depositandole però al suolo). Contribuisce a ricaricare il livello di acqua nelle falde acquifere meglio di un abbondate temporale, poiché lo scioglimento del manto nevoso avviene in tempi più moderati e consente al terreno di assorbire l’acqua in modo graduale, a differenza di quanto succede per i grandi temporali o le cosiddette “bombe d’acqua”, che disperdono in fossi e fiumi enormi quantità di liquido rendendolo indisponibile per i mesi più siccitosi. E nel nostro organismo invece? La neve ha effetti benefici su tutto il nostro sistema, sia a livello mentale sia a livello fisico. Un articolo della psicologa inglese Sandi Mann, pubblicato su Hufftington Post UK, (https://www.huffingtonpost.co.uk/sandi-mann/snow-why-do-we-get-so-excited_b_2549187.html ), ci dice che sono molteplici i benefici che si hanno quando si sta sulla neve. Uno di questi è che la neve emana una sensazione di serenità e stimola emozioni come meraviglia, calma e purezza. Guardare un paesaggio innevato, giocare sulla neve o guardarla mentre scende, induce la nostra mente a fare riflessioni e profonde introspezioni. Non dimentichiamoci poi l’importanza del colore; il bianco candido infatti, genera nelle persone determinate impressioni che possono condizionarne l’umore o i comportamenti in maniera totalmente inconscia. Questo colore

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Scopriamo il Tè, bevanda gentile che ha conquistato il mondo

Di Alberto Piastrellini Dalla Cina del III Sec. alla diffusione globale, breve storia di un infuso che ha condizionato non solo le abitudini domestiche, ma anche il mercato e la creatività. La casa lasciata in penombra in un silente pomeriggio d’inverno; l’unica luce è quella della lampada da lettura che rischiara la poltrona preferita, sul tavolinetto, accanto al libro, una tazza di tè espande il suo vapore aromatico… Per molti è il momento di relax assoluto, magari vagheggiato lungo intere giornate di lavoro convulso; per tanti altri, nelle sue molteplici varianti, il piacere di una tazza di Tè diventa occasione per condividere insieme chiacchiere e golosità, come pure un istante di pausa nel rotolare delle ore. Fatto sta che il Tè in poco più di tre secoli ha conquistato il gusto dell’umanità finendo per diventare, oggi, la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua pura. Cerchiamo di ripercorrere insieme il cammino di questo semplice infuso dal suo esordio semi leggendario nell’antica Cina ai fasti del XVIII e del XIX e Secolo rivelando pure che proprio il Tè è stato protagonista nella nascita della nazione americana! La leggenda del Tè Un popolare racconto cinese fa risalire la scoperta del Tè ad un antichissimo imperatore del passato il quale sostando a meditare sotto una pianta, si addormentò col paiolo dell’acqua a bollire sul fuoco accanto. Una provvida brezza fece volare alcune foglie dalla pianta nell’acqua e, al suo risveglio, l’imperatore volle provare quella bevanda dall’intenso e soave profumo: era nato il Tè! In effetti i primi riscontri documentali sull’uso del Tè in Cina ci arrivano direttamente dal III Sec. d. C. allorquando l’infuso è utilizzato dai monaci nelle lunghe sessioni di meditazione. Nei secoli successivi il consumo di Tè come bevanda nobile e medicamentosa si allarga alle classi agiate di Cina e

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