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Buone abitudini per favorire lo sviluppo del bambino

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Quando si parla di bambini piccoli e del loro sviluppo psico-motorio l’attenzione è orientata principalmente verso i risultati. Il bambino sa gattonare, sa stare seduto, sa camminare, sa parlare, ecc… Poco interessa, invece, il modo in cui il piccolo abbia raggiunto queste singole tappe dello sviluppo. Per osservare il bambino per ciò che è e ciò che fa, anziché per quello che si crede debba essere o fare, ci viene d’aiuto il lavoro di ricerca svolto dalla pediatra ungherese Emmi Pikler, che ha portato alla fondazione, nel 1946, del Nido permanente in via Lóczy a Budapest, da lei stessa diretto. In questo articolo scopriremo come il bambino sia già “programmato” per crescere e come invece, i tanti interventi esterni possano essere inutili o, peggio, dannosi.

Il bambino piccolo secondo Emmi Pikler

Durante i primi anni del suo lavoro, la dottoressa Emmi Pikler si era trovata ad approfondire le conoscenze emerse dagli studi di Elfriede Hengstenberg (1931) dedicati alle leggi naturali alla base dello sviluppo del bambino. Si dedicò anche agli studi di Gindler e Jacoby i quali, alla fine degli anni Venti, compresero come l’educazione tradizionale impedisse ai piccoli di agire in base alle proprie iniziative e rendesse, per questo, i bambini dipendenti dagli adulti e goffi nei movimenti. Il lavoro dei due studiosi sottolineò l’importanza di garantire al bambino la possibilità di poter agire senza ricevere quelle interferenze derivate dalle errate convinzioni degli adulti. Queste sono state ad esempio, il tenere il neonato in fasce o l’intervento per insegnargli a camminare sostenendo il piccolo all’in piedi.

Fateci caso. Ancora oggi, la maggior parte degli adulti che si trova a occuparsi di un bambino piccolo, non riesce a fare a meno di intervenire durante le diverse fasi dello sviluppo. Quanti di voi hanno, ad esempio, sollevato un bambino dalle mani per “insegnargli” a camminare ancora prima che fosse lui stesso a conquistare questa competenza in autonomia? Nell’articolo scoprirete perché questo e altri interventi non andrebbero fatti e come, secondo l’approccio pikleriano, bisognerebbe invece accompagnare i piccoli durante la crescita.

Come l’ambiente aiuta il bambino a crescere

Nell’istituto gestito con l’approccio pikleriano, le puericultrici mantenevano con i bambini un tono intimo e disponibile, parlavano in modo pacato e a voce bassa, anche durante i momenti di cura, rispettavano l’iniziativa del bambino con comprensione e pazienza e, man mano che conoscevano i bambini riuscivano a capirne meglio i loro bisogni. 

Il potersi sentire compreso e accolto, agevola il bambino nella graduale conquista delle autonomie. Sono piccole attenzioni che portano a mantenere una postura educativa capace di fare la differenza e di portare l’educatore (compreso il genitore) e l’educando a essere felici insieme. Si tratta di avere fiducia del fatto che il bambino è perfettamente in grado di raggiungere autonomamente le progressive tappe dello sviluppo.

Emmi Pikler introdusse quindi un’osservazione sistematica dei processi motori per dare risposta a domande simili a queste: 

  • Come si muove un neonato quando è in posizione supina? 
  • In che modo tenta di trovare l’equilibrio? 
  • Quale esperienza offre rispetto alla posizione prona? 
  • Quand’è che il bambino si volta sul fianco? 
  • Con quali movimenti, in apparenza anche casuali, si prepara a una nuova capacità motoria?
  • Come li esegue la prima volta?
  • Quanto tempo gli occorre per iniziare a giocare stando sul fianco? 

Tali quesiti hanno portato a prestare attenzione verso alcune posizioni intermedie, ossia quelle che il bambino conquista prima di raggiungere la tappa successiva. Anche se passano inosservate, queste azioni non sono meno importanti dei grandi movimenti. Lo studio ha fatto comprendere come il bambino sia totalmente autonomo nel compiere la sua evoluzione purché l’adulto sia predisposto a dargli il tempo che gli occorre, senza anticipare o correggerlo durante il processo evolutivo (ad esempio, mettendolo in posizione seduta quando ancora non è in grado di reggersi da solo). 

Tener conto delle fasi intermedie necessarie allo sviluppo motorio, tutela il piccolo dal rischio di essere messo in condizione di insicurezza motoria, di portarlo a sperimentare tensioni ai muscoli, posizioni scorrette e disequilibri.

Perché bisogna rispettare i tempi naturali del bambino

Sotto questa luce diventa ancora più sensato l’evitare di fare paragoni tra i bambini in merito ai loro tempi di sviluppo. Si commenta spesso quanto un bambino sia indietro o, di contro, piuttosto sveglio rispetto a un altro. Lo si fa anche in merito a bambini molto piccoli e in piena salute. Non viene in realtà considerato come i processi evolutivi possano essere molto differenti anche tra bambini sani, oltre al fatto che non è fondamentale il “quando” ma è invece più rilevante il “come” e in quale successione il bambino raggiunge una particolare tappa dello sviluppo. 

Un esempio tra tanti riguarda la conquista della posizione laterale, ovvero il momento in cui il bambino riesce a spostarsi dalla posizione supina a quella sul fianco. Si tratta di una fase fondamentale che precede la capacità del bambino di girarsi in posizione prona. Il lavoro di osservazione di Emmi Pikler, in merito alle posizioni intermedie nello sviluppo dei piccoli, diventa ancora più esplicativo attraverso i disegni realizzati da Klara Pap e le foto di Marian Reismann. Una documentazione piuttosto accurata che ha evidenziato il modo in cui avviene lo sviluppo progressivo e autonomo del bambino.

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda il meta apprendimento dei piccoli che è così spiegato dalla stessa dottoressa Pikler: «nel processo di sviluppo della sua motricità (il bambino) non impara solo a girarsi sulla pancia, a rotolarsi, strisciare, sedersi, alzarsi in piedi o camminare, ma impara anche a imparare. Impara a esercitare autonomamente un’attività qualsiasi, a provare interesse, a tentare, a sperimentare. Impara a superare le difficoltà. Impara a conoscere la gioia e la soddisfazione che gli vengono dal proprio successo: sono il risultato della sua costanza, pazienza e capacità di iniziativa».

A questo punto, per sostenere nel giusto modo il bambino nella crescita e porre le basi per gli sviluppi successivi, è necessario superare le convinzioni che ci hanno portato a credere che, ad esempio, si dovesse metterlo seduto affinché imparasse a stare seduto, oppure in piedi affinché apprendesse a camminare. Il presupposto è che l’intervento dell’adulto fosse fondamentale per velocizzare una particolare competenza motoria. Eppure, perché il fatto di imparare prima a sedersi, a camminare, a correre, ecc… dovrebbe essere un vantaggio per il bambino? 

L’adulto è, in realtà, chiamato a fare molto meno di quello che crede essere necessario. Deve semplicemente limitarsi a non ostacolare i movimenti liberi e autonomi (ossia che partono dalla sua iniziativa) del bambino, a non impegnarlo in esercizi come se lo sottoponesse a una sorta di fisioterapia, e a non cercare di accelerare o modificare il suo naturale sviluppo. 

I risultati delle esperienze di Emmi Pikler hanno fatto emergere come i bambini cresciuti attraverso questo approccio si mostrano tranquilli, allegri e attivi, manifestano movimenti eleganti, armoniosi, ben coordinati, sicuri e abbiano un migliore rapporto con i genitori e con l’ambiente. 

Come sostenere lo sviluppo autonomo del bambino

Ciò che, dunque, è necessario fare per sostenere lo sviluppo autonomo dei movimenti durante i primi anni di vita del bambino consiste principalmente nel:

  • Vestire il piccolo in maniera appropriata, evitando capi di abbigliamento che limitano il gesto.
  • Offrirgli uno spazio adeguato.
  • Evitare di fare “esercizio” facendo ripetere al bambino i movimenti che ancora non è in grado di eseguire e offrendogli attrezzi per appoggiarlo o sostenerlo.
  • Se il piccolo sta cercando di compiere un movimento, non lo si aiuta a portarlo a termine. Ad esempio, se sta tentando di sollevarsi, non gli si dà la mano per completare l’azione.
  • Limitare le posizioni “innaturali” solo alle situazioni strettamente necessarie, cercando di non prolungare i tempi più del dovuto. Ad esempio, quando è seduto sul seggiolino dell’auto.

«Non soltanto l’adulto evita di aiutare concretamente il bambino, ma nemmeno lo incoraggia ad assumere certe posizioni o ad esercitarsi in alcuni movimenti. Non tende il dito perché il bambino, aggrappandovisi, si tiri su a sedere; non porge un giocattolo dall’alto per incitarlo a mettersi in piedi; non lo ‘attira’ chiamandolo o mostrandogli un giocattolo per fargli fare i primi passi. D’altro canto, non si proibisce, né si impedisce alcun tentativo spontaneo. Il bambino che sa già camminare può rotolare, strisciare, giocare steso sulla schiena quanto ne ha voglia

Emmi Pikler

Per concludere, sarebbe necessario approfondire su vasta scala questo approccio davvero prezioso e ancora troppo poco conosciuto. Partire con il piede giusto significa garantire uno sviluppo e un’educazione capace di porre le basi al benessere fin dai primi giorni del bambino.

Per approfondire:

Pikler E., Datemi tempo. Lo sviluppo autonomo dei movimenti nei primi anni di vita del bambino, Csifra 2015.

Ester Listi

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