di Benedetta Giovannetti Un primo piatto semplice e gustoso con un pesto di pomodorini secchi e del cavolfiore croccante, fatta con pochi ingredienti semplici ma gustosi. Ingredienti per quattro persone 360 grammi di Spaghetti di Grano Duro 250 grammi di cimette di cavolfiore 1 bustina di zafferano 80 grammi di pomodori essiccati Timo fresco Basilico Fresco 40 grammi di nocciole sgusciate La scorsa di un limone 40 grammi di pecorino grattugiato 1 spicchio di aglio Olio extravergine di Oliva delicato Sale Pepe Mondare le cimette di cavolfiore, tagliarle a metà e raccoglierle su una teglia foderata di carta forno, irrorarle con olio, sale e pepe e cuocerle a 200° per 15 minuti. Disporre nel mixer i pomodori essiccati accuratamente sgocciolati e spezzettati, le nocciole, il pecorino, l’aglio, la scorza di limone grattugiato, le foglie di basilico ed il timo. Frullate il tutto aggiungendo l’olio extravergine di oliva a filo, il tanto che basta ad ottenere una crema. Aggiustate di sale e di pepe. Cuocere la pasta in acqua bollente salata alla quale aggiungere lo zafferano. Scolarla al dente conservando un po’ di acqua di cottura. Condirla con il pesto preparato, aggiungendo se necessario un po’ di acqua tenuta da parte e i cavolfiori. Mescolate, trasferite nei piatti e servite.
di Glenda Oddi I mass media ci bombardano di immagini di donne bellissime ogni giorno, che sono però davvero molto distanti da quello che è il reale e naturale aspetto del corpo femminile. Il risultato è un senso di insoddisfazione largamente diffuso tra le donne verso se stesse e il proprio corpo. Viviamo in una società in cui vengono presentati rigidi e inarrivabili canoni di bellezza che vengono per giunta proposti come obbiettivi da raggiungere …ma per soddisfare chi? Se la risposta sarà “gli altri, per piacere di più” c’è davvero molto da lavorare su noi stesse. Il movimento della “body positivity” spinge ogni donna a accettare ed amare il proprio corpo senza fare paragoni, perché questo ci svilisce ed inoltre è privo di senso, dato che ognuno ha una personale e unica fisicità. L’elemento fondamentale è comprendere che quelli che sono da noi etichettati come difetti, sono in realtà peculiarità del nostro corpo, è grazie ad essi che ci distinguiamo dalla massa e siamo uniche. In secondo luogo bisogna chiedersi “è questo difetto che mi fa sentire insicura o vedo questo difetto come qualcosa di enorme perché sono insicura?”. Spesso piccole imperfezioni vengono viste come peggiori di quello che sono perché divengono catalizzatrici di una insicurezza di fondo che caratterizza la nostra personalità. Cominciamo quindi cambiando i termini e iniziando a vedere le cose per quello che sono, mettendo al bando suggestioni e paure: smettiamo di usare la parola “difetti” e sostituiamola con “caratteristiche personali”. Inoltre è fondamentale porre l’autoaccettazione e l’amore verso noi stesse al di sopra di qualsiasi aspettativa sociale. Ci accorgeremo, quando avremo fatto questo che sarà a quel punto anche più facile accettare gli altri e ci renderemo contro che l’imperfezione appartiene a tutti perché è una condizione naturale di vita.
di Benedetta Giovannetti Il vischio è una pianta sempre verde particolare infatti è una pianta parassita, il suo seme, infatti si insinua nella pianta che lo ospita fino ad innestarsi e a diventare parte di essa. Per il Celti il vischio era il simbolo era il simbolo della resurrezione, della sopravvivenza della vita alla morte, affascinati dalla sua vita aerea credevano che fosse un simbolo degli dei e per questo per il fatto che fosse in grado di vivere senza toccare terra i celti gli attribuivano un grande potere. Tanto che per raccogliere questa pianta attuavano una serie di cerimonie, volte a celebrare la sopravvivenza dello spirito alla morte fisica. Infatti i Celti credevano che il vischio avesse un ciclo vitale di tre fasi: un soggetto che trapassa la morte rappresenta il vischio, l’uccello che ne trasporta i semi è il messaggero della vita e l’intenzione divina conferisce il potere di nascere e di crescere. Esso pertanto era una delle piante più preziose dell’erboristeria celtica, ed era associato alla vita di un re o di un grande capo. Il vischio veniva raccolto nel sesto giorno di luna crescente, quando si incrementava di potenza. Il druido che lo tagliava, officiando la cerimonia era interamente vestito di bianco e venivano sacrificati dei giovani tori bianchi per rinnovare il patto con la divinità. I cristiani ripresero in parte questa tradizione del vischio come pianta portatrice di fortuna con il gesto di baciarsi sotto il vischio.
Piccoli esercizi per essere più amiche di noi stessi di Glenda Oddi Spesso non facciamo quello che vorremmo non perché non ne siamo capaci ma semplicemente perché crediamo di non esserlo. L’autostima è un elemento che condiziona fortemente il modo in cui viviamo la nostra vita, quali obbiettivi riusciamo a raggiungere e il nostro grado di felicità. Per questo è fondamentale coltivarla in modo da percepirsi competenti e prendere consapevolezza delle nostre capacità e risorse. Ciò risulta ancora più importante adesso, in relazione alla pandemia che scuote le nostre vite e ci fa sentire insicure. Sviluppare l’autostima è possibile ad ogni età e la base di partenza è la consapevolezza che ogni persona si evolve in continuazione, dalla nascita alla morte. Il miglioramento delle nostre risorse è quindi possibile sempre, al contrario di quando afferma il luogo comune che vede la possibilità di imparare e migliorare solo in gioventù. Ecco degli tre esercizi utili per coltivare l’autostima: Fai delle liste: in una puoi elencare le tue qualità positive (altruismo, generosità, simpatia ecc.), in un’altra le tue capacità e i tuoi talenti e nell’ultima gli obbiettivi raggiunti negli ultimi 5 anni. Così sarai più consapevole delle tue caratteristiche. Datti dei piccoli obbiettivi giorno per giorno. Parti magari da piccole prove di coraggio, per esempio provare una nuova attività, fare nuove amicizie ecc. Poi mano a mano che raggiungi gli obbiettivi dattene altri un po’ più ambiziosi. Alla fine collezionerai piccole e grandi soddisfazioni. Fissa nella tua agenda un obbiettivo a medio termine (per i prossimi tre mesi per esempio) e uno a lungo termine (per i prossimi tre anni). Fissa gli step per raggiungerli e mettili in atto con costanza. Lavorare su se stesse, ascoltarsi, prendersi cura di se, coltivare le proprie risorse, sono requisiti fondamentali per avere autostima e quindi
di Benedetta Giovannetti L’epifania è una celebrazione da sempre molto sentita sia perché segna la fine delle festività sia per la tradizione della Befana, anziana signora che i bambini attendono con ansia per scoprire i doni con cui ha riempito le loro calze, dolci per i buoni, carbone per i cattivi. Ma come nasce la tradizione della calza? L’origine pare connessa ad una serie di riti propiziatori pagani che risalgono al X-VI secolo avanti Cristo e che riguardano i cicli stagionali legati all’agricoltura in particolar modo quello legato al solstizio di inverno ossia l’evento che segna il giorno più corto dell’anno. Le civiltà nordiche e vichinghe in questo periodo dell’anno erano solite abbellire abeti e scambiare doni mentre i Romani successivamente crearono l’usanza della calza e della figura femminile volante. Infatti essi credevano che tale figura, dapprima identificata con la dea Diana poi con altre divinità, volasse sui campi coltivati per propiziare la fertilità dei futuri raccolti. Per quanto riguarda la calza invece, pare che tale tradizione sia ascrivibile a Numa Pompilio che, secondo quanto raccontato oralmente, era solito appendere una grande calza all’interno di una caverna tra il solstizio di inverno e i primi giorni di gennaio affinché una ninfa la potesse riempire con i doni della natura La calza odierna potrebbe dunque essere un adattamento del cristianesimo a questa usanza pagana.
di Glenda Oddi Hedwig Eva Maria Kiesler, salita alla ribalta con il nome di Hedy Lamarr, nasce a Vienna nel 1914 da genitori dell’alta borghesia ebrea che le garantiscono, tramite una schiera di precettori e governanti, una educazione tanto completa quanto conservatrice. Appare immediatamente favorita dalla natura che sembra le abbia donato senza misura sia bellezza che intelligenza. Dopo un precoce esordio come attrice in ambiente austriaco si trasferisce a Berlino, alla ricerca di un posto in grado di offrirle più occasioni nella recitazione. Dopo aver avuto modo nella città di farsi conoscere da dei personaggi di spicco torna a Vienna dove viene scritturata per il film Estasi di Gustav Machaty. In esso l’attrice realizza il primo nudo integrale della storia del cinema suscitando enorme scandalo e assicurandosi così l’avvio di una ricca carriera cinematografica. Nel 1933, non ancora ventenne ma già famosa, sposa Fritz Mandl, un mercante d’armi di cui scopre ben presto il poco reale interesse verso di lei. Nel 1937 scappa dall’infelice matrimonio travestita da cameriera e giunge a Londra dove entra in contatto con un agente del colosso cinematografico statunitense Mgm. L’esito dell’incontro è un contratto di sette anni con la casa a patto di imparare l’inglese e acquisire lo pseudonimo di Hedy Lamarr. Giunta negli Stati Uniti vive una magnifica ascesa cinematografica divenendo ben presto una delle dive più pagate di Hollywood. La sua vita sentimentale è però segnata da numerose relazioni brevi e tormentate, caratterizzate dalla presenza di parecchi amanti e sei matrimoni a cui hanno fatto immancabilmente seguito i divorzi. Negli anni del secondo conflitto mondiale riesce a raccogliere somme esorbitanti per l’esercito americano e in collaborazione con il musicista George Antheil (attivo nella produzione di strumenti musicali automatici) inventa il Secret communication system, in grado di far in modo che i siluri
di Benedetta Giovannetti Un dessert semplice e goloso ideale come fine pasto specie in questi giorni di festa, con il suo colore ed il suo sapore rendono ideali sia un fine pasto che una merenda. Ingredienti per quattro persone 400 ml di latte 100 ml di marsala 4 tuorli freschi 100 grammi di zucchero semolato 40 grammi di amido di mais 50 grammi di mirtilli 50 grammi di lamponi 4 frollini sbriciolati Qualche fogliolina di menta fresca 1 stecca di cannella 1 limone bio Sciacquate i frutti di bosco e la menta e lasciateli asciugare. Lavare il limone e con un pela patate ricavare da esso la scorza gialla. Sciogliere senza grumi l’amido di mais usando una piccola porzione di latte. Scaldare sul fuoco il resto del latte con la metà dello zucchero, la stecca di cannella e le scorze di limone, spegnendolo appena raggiunge la bollitura. In un pentolino lavorare con la frusta i tuorli d’uovo e lo zucchero rimasto fino ad ottenere un composto liscio e cremoso, incorporare l’amido di mais e il marsala. Dopo averlo filtrato con un colino per eliminare limone e cannella, che servono solo per aromatizzare, versare il latte caldo sulle uova mescolando con una frusta. Mettere il pentolino sul fuoco e senza smettere di mescolare cuocere fino a ottenere la giusta consistenza. Versare la crema in 4 coppette distribuendo sulla superficie i frutti di bosco e la granella di biscotti e le foglioline di menta. Ottimo sia tiepido che freddo ma in questo secondo caso sono necessarie due ore in frigorifero.
Rimedi naturali per combatterla di Glenda Oddi La cefalea colpisce tutti nell’arco della vita e può avere diverse cause, in relazione alla loro natura si classifica in: primaria, quando non ha origine biologica (stress, ansia, tensione ecc.) secondaria, di natura organica (sinusite, traumi cranici, meningiti ecc.). Tra le forme primarie abbiamo sia la cefalea tensiva che l’emicrania, la prima si manifesta con un dolore diffuso in tutta la testa ed è generata da tensione psicologica mentre la seconda genera un dolore intermittente in una zona intermedia del capo. Indipendentemente dall’origine le forme più intense possono comportate problemi nella visione, nausea e disagio in presenza di rumori e luce. Pare che la cefalea si manifesti in molti casi in relazione alla mancanza di serotonina, è quindi possibile darsi una mano assumendo cibi volti a stimolarne la produzione da parte del nostro corpo (yogurt, frutta secca, uova, cereali integrali, cioccolato fondente ecc.) da assumersi sempre in quantità moderata. Questi contengono infatti il triptofano, una amminoacido fondamentale per la produzione di tale sostanza. Importante anche l’assunzione di fibre che garantiscono la regolarità intestinale e stimolano il corretto funzionamento del nostro bioritmo. Le troviamo in grandi quantità in verdura, frutta, cereali integrali, legumi, frutta secca. Altro elemento utile è l’assunzione di un’adeguata quantità di sali minerali, infatti molte cefalee hanno origine dall’irrigidimento muscolare. Riguardo i cibi da evitare abbiamo tra di essi senza dubbio tutti i neurostimolanti come il caffè e quelli che favoriscono il rilascio di istamina (sostanza che promuove i processi infiammatori) come dolci, pomodori, cibi molto salati come pizza e salumi. In ultimo si dovrà optare per alternative vegetali ai cibi che contengono lattosio, che tende ad aumentare il gonfiore intestinale.
di Benedetta Giovannetti Albero o presepe? Oppure tutti e due? Chi preferisce l’uno, chi preferisce l’altro e chi fa entrambi, ma come nasce il presepe? Qual è la sua storia e cosa simboleggia? La più antica raffigurazione della Vergine con il bambino è raffigurata nelle catacombe di Priscilla sulla Via Salaria a Roma ed è stato dipinto da un’artista ignoto del III secolo all’interno di un arcosolio del II. Nella tradizione bizantina la natività è raffigurata in una grotta con la Vergine Maria distesa su un giaciglio con il figlio nella mangiatoia mentre San Giuseppe è raffigurato simbolicamente all’esterno in disparte. Il primo presepe scultorio si ritiene sia quello di Arnolfo di Cambio nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Giotto fu il primo a raffigurare a Padova nella cappella degli Scrovegni una natività più realistica con dettagli naturalistici seppur ancora legati ai canoni bizantini. Nel 400 alcuni grandi maestri della pittura italiana raffigurarono scene della Natività dette anch’esse presepe. Botticelli lo ha fatto nell’adorazione dei Magi dove raffigura personaggi della famiglia dei Medici, Filippino Lippi compose la natività che si trova al museo Diocesano di Milano. Anche Luca ed Andrea della Robbia hanno rappresentato scene della natività dove tra tutte si ricorda quella del Convento della Verna. La rappresentazione tridimensionale allestita in occasione delle festività natalizie è un’usanza che ebbe origine all’epoca di San Francesco che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività. L’iconografia del presepio ben presto passò dall’ambito artistico a quello popolare specie all’interno delle Chiese nelle quali la rappresentazione della nascita di Gesù con le statuine ed elementi tratti dall’ambiente naturale diventò un rito irrinunciabile. Ma il grande sviluppo dei presepi scolpiti si ebbe nel 700 quando si formarono le grandi tradizioni presepistiche del presepe napoletano, genovese e bolognese. Tra i presepi
di Benedetta Giovannetti Albero o presepe? Oppure tutti e due? Chi preferisce l’uno, chi preferisce l’altro e chi fa entrambi, ma come nasce il presepe? Qual è la sua storia e cosa simboleggia? Il presepe è una rappresentazione della nascita di Gesù che ha origine tardo antiche e medievali, da un’usanza tipicamente italiana di allestire il presepe in casa nel periodo natalizio oggi è diffusa in tutti i paesi cattolici del mondo. Le fonti per la sua raffigurazione sono i 180 versetti dei Vangeli di Matteo e Luca quelli dell’infanzia, che riportano la nascita di Gesù avvenuta ai tempi di Erode a Betlemme di Giudea. Esso è composta da statue formate di vari materiali e disposte in un ambiente ricostruito in modo realistico, e vi compaiono tutti i personaggi e i luoghi della tradizione, la grotta, la mangiatoia, Giuseppe e Maria, i magi, i pastori, le pecore, il bue, l’asinello e gli angeli. La statuina di Gesù si colloca nella mangiatoia alla mezzanotte tra il 24 e 25 dicembre, mentre i Magi si avvicinano alla mangiatoia il giorno dell’Epifania, come sfondo un cielo stellato oppure uno scenario paesaggistico, a volte si possono aggiungere altri personaggi. Il presepe si mantiene di solito fino all’Epifania quando si mettono i Re magi di fronte alla Sacra famiglia, oppure sino al giorno della Candelora, la festa della presentazione di Gesù al tempio ebraico che la Chiesa cattolica celebra il 2 febbraio.
di Glenda Oddi Debolezza, vertigini, senso di affaticamento, perdita di energia. Sono molte le donne che soffrono di pressione bassa e le cause possono essere molteplici: la predisposizione, l’assunzione di farmaci o un alimentazione scorretta. Indipendentemente dal motivo scatenante determinate abitudini a tavola possono aiutarci a combatterla. In primo luogo bisogna ricordare di bere molta acqua (almeno 2 litri al giorno), in molti casi, infatti, l’abbassamento di pressione è legato alla disidratazione. In secondo luogo non bisogna mai dimenticare di assumere verdura e frutta di stagione che sono ricche di sali minerali in grado di contribuire a regolare il flusso sanguigno. Svolgono un ruolo cardine a riguardo soprattutto potassio e magnesio presenti in grande quantità in questi alimenti. Un’altra sostanza fondamentale per combattere l’ipotensione è il ferro, per questo bisogna portare in tavola alimenti che ne contengano a sufficienza per soddisfare il nostro fabbisogno quotidiano. Lo si trova in grande quantità in tutti gli alimenti di origine animale come pesce e carni rosse o anche nei legumi e nei cereali. Da tenere a mente che il suo assorbimento maggiore o minore da parte del nostro organismo dipende dalla combinazione di cibi che portiamo a tavola. Per esempio bisognerebbe evitare di abbinare gli alimenti che ne sono ricchi con quelli con alto contenuto di calcio (come latte e formaggi) perché ne limitano l’assimilazione. Da favorire invece il loro abbinamento con tutti i cibi ricchi di vitamina C (per esempio la frutta) perché ne favoriscono l’assorbimento. Tutto questo deve essere legato all’assunzione di una giusta quantità di cibo, pasti troppo abbondanti mettono infatti in difficoltà il sistema circolatorio aumentando gli sbalzi di pressione.
di Benedetta Giovannetti La granceola è un crostaceo dal carapace di colore bruno arancio ricco di spine ai bordi di colore bruno, si trova per lo più nei mari della Sardegna, ma è possibile incontrarlo anche a basse profondità nell’alto Adriatico e viene pescato con delle nasse. Qui si sposa con i tagliolini per un gustoso primo piatto ideale per una occasione speciale o cena raffinata. La sua carne poco grassa e dal sapore delicato lo rende ideale per una pietanza semplice e saporita. Ingredienti per quattro persone 400 grammi di tagliolini all’uovo 1 granceola di circa 1 kg 1 spicchio di aglio 100 ml di olio extravergine di oliva 50 ml di brandy 50 ml di vino bianco secco 300 grammi di pomodorini biologici Prezzemolo tritato Sale peperoncino Lavate sotto l’acqua corrente la granceola e fatela cuocere per circa 10 minuti in acqua bollente salata. Recuperate con le apposite pinze la polpa del corpo e dalle chele e tagliate tutto a tocchetti. Dorate in padella l’aglio nell’olio e versateci i pezzi di granceola, mescolate e irrorate con il brandy e il vino bianco secco. Fate evaporare, unite i pomodorini tagliate a pezzi, poco sale e una punta di peperoncino. Cuocete per 5 minuti. Lessate al dente in acqua salata i tagliolini, scolateli e mescolando insaporiteli nel condimento con poca acqua di cottura della pasta se serve. Servite con il prezzemolo.
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