Il fenomeno del “Likeing” dai risvolti patologici
In un’epoca, come l’attuale, dove tutto o quasi è esposto nella vetrina dei social c’è un fenomeno legato ai cosiddetti “like” su cui è opportuno saperne di più. Un fenomeno partecipativo e all’apparenza innocuo che, in alcuni casi, può assumere forme preoccupanti, al punto da determinare la nascita di un nuovo fenomeno social al quale è stato dato il nome di “Likeing”. Vediamo, più da vicino, di cosa si tratta e perché quel segno di approvazione di un contenuto digitale può degenerare in tutt’altro.
Con il termine “Likeing”, individuato e lanciato su Tik Tok dallo scrittore Igor Nogarotto, si intende infatti un fenomeno ben preciso e dai contorni inquietanti. Vale a dire: l’attività di “Spiare i profili di chi mette i Like sui post dell’ex”. Un fenomeno social, dai contorni ossessivi, praticato da chi viene lasciato. La pratica consiste nell’andare sul profilo dell’ex, guardare i “Like” ricevuti sui post, per poi, ad ogni “Mi Piace”, entrare nel relativo profilo di chi l’ha messo. A questo fa poi seguito l’attività di scorrere i vari post degli utenti che hanno dato segni di gradimento verso i post dell’ex al fine di verificare se, a sua volta, l’ex ha messo molti “Like” e se ha commentato.
Ma cosa si cela dietro tutta questa attività di spionaggio telematico? L’intento, stando a chi sta studiando questo fenomeno in progressiva ascesa, è quello di scoprire se l’ex, dopo la fine della relazione, stia già frequentando un’altra persona. E’ lo stesso Nogarotto a dire: “Ho individuato il Likeing anche sulla base della testimonianza di molti miei lettori e follower che lo praticano”. Tra le ulteriori forme di manipolazione emotiva su cui lo scrittore mette in guardia anche: l’Orbiting, il Ghosting, lo Zombieing, e il Benching. Tutte attività di carattere ossessivo che si sviluppano sui social network, luogo virtuale dove nascono ma anche si mettono in vetrina le relazioni, con i risvolti patologici che ad esse si accompagnano. Chissà che questa consapevolezza induca a ridurre al minimo le esternazioni di carattere personale sui social a tutela della propria privacy.
Di Maria Teresa Biscarini