In Toscana una sperimentazione “sul campo” per testare l’efficacia di scelte varietali diverse di cereali in grado di adattarsi alle diverse zone climatiche. Obiettivo: sostenibilità e resilienza.
di Enrica Bobbio
L’importanza della scelta varietale, tanto più nei cereali, è una questione fondamentale in agricoltura. Essa è riemersa con forza soprattutto con l’aumento delle superfici coltivate con metodo biologico o a basso input.
Tuttavia, le varietà moderne frutto di selezioni eseguite in laboratorio e dalle multinazionali si adattano poco e male a questi tipi di coltivazione. L’agricoltura più sostenibile necessita quindi di varietà migliorate direttamente negli ambienti di coltivazione e che presentino un certo grado di eterogeneità in modo da rispondere meglio ai cambiamenti che di anno in anno si possono verificare nel campo dell’agricoltore.
Questo è tanto più urgente se si considera che il fenomeno del cambiamento climatico influenza anche la quantità di nutrienti essenziali presenti nelle piante di cui ci cibiamo. Intatti, secondo un recente Studio pubblicato su Lancet Planetary Health e realizzato da ricercatori dell’International Food Policy Research Institute (IFPRI), sembra che grano, riso, mais, orzo, patate, soia e verdure sono tutti proiettati a subire perdite di nutrienti di circa il 3% in media entro il 2050 proprio a causa dell’elevata concentrazione in atmosfera di anidride carbonica.
Sembra un paradosso ma se è vero che livelli più elevati di CO2 possono aumentare la fotosintesi e la crescita in alcune piante, è pur vero che l’effetto negativo si ha nella riduzione della concentrazione di nutrienti chiave nelle colture, soprattutto a carico di Proteine, ferro e zinco.
In campo agricolo, nel settore dei cereali, dal 2010 sono stati realizzati vari Progetti europei di ricerca proprio per studiare l’efficacia dell’uso di popolazioni diverse; in Toscana, grazie al Progetto regionale: PS-GO n.° 46/2017 PSR la sperimentazione è partita da una popolazione di frumento Solibam tenero floriddia (azienda madre) e distribuito in altre ventiquattro aziende suddivise in aree climatiche diverse (collina, pianura, costa, montagna) in modo da confrontare come la popolazione si diversifica e si comporta nelle varie aree climatiche.
Agli agricoltori viene fornito materiale genetico diversificato, le prove in campo sono condotte direttamente nei campi degli agricoltori con le loro pratiche agronomiche. In questo modo la selezione non avviene secondo criteri determinati dai ricercatori, ma dalle reali necessità e preferenze degli agricoltori.
Questo fa si che da una stessa miscela di semi di partenza si arrivi con il tempo a selezionare materiali completamente diversi da areale ad areale e da agricoltore ad agricoltore. Nel corso dello svolgersi del progetto verranno inoltre effettuate prove sulle qualità nutrizionali e merceologiche delle farine in un’ottica di salvaguarda della salute e delle qualità nutrizionali.
Come le farine prodotte dall’Azienda biologica Guglielmi Carla che incontrata proprio ad un seminario sui cereali resilienti ci spiega: “La filosofia della nostra azienda è la coltivazione di cereali della tradizione contadina. I grani antichi sono tutti quei grani che non hanno subito interventi di selezione da parte dell’uomo, mantenendo così ottimi valori nutrizionali”.
“Lo scopo di un’agricoltura naturale al 100% cui si associamo l’utilizzo di un mulino a pietra, è quello di riuscire ad ottenere farine vive, che mantengano intatte molte proprietà benefiche del grano come vitamine, proteine e sali minerali, con glutine molto più tenue e digeribile rispetto alle farine dell’agricoltura industriale.”
Anche nel settore agricolo l’intraprendenza, la pazienza e la sapienza dell’essere donna fanno la differenza.