La Commissione Ue celebra l’evento ricordando dati e iniziative di contrasto ad un problema ancora troppo sottaciuto e nascosto, purtroppo ben più diffuso di quanto si immagini.
Di Alberto Piastrellini
Oggi, 6 febbraio, si celebra la Giornata Internazionale della tolleranza zero nei confronti delle pratiche di mutilazione genitale femminile, istituita dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 dicembre 2012, con l’obiettivo di promuovere campagne di sensibilizzazione e azioni concrete per combattere la pratica delle mutilazioni genitali femminili.
Usanza raccapricciante e ancora troppo diffusa in alcuni Paesi del mondo, purtroppo eseguita, spesso in casa o comunque in strutture ove non è possibile garantire alcun controllo igienico o medico, anche in Occidente, ovviamente di nascosto.
Le stime, proprio per questo molto indicative, indicano come nel mondo oltre 200 milioni di donne (500.000 nella sola Europa) siano state sottoposte a queste pratiche che nulla hanno a che vedere con la salute del corpo o con il benessere, rientrando nel nebuloso e tutto soggettivo territorio della tutela dell’onore e della tradizione.
Al ritmo attuale, si teme che di qui al 2030, altri 68 milioni di giovani ragazze dovranno subire questo trauma nei Paesi ove tali azioni sono praticate abitualmente (e quindi più o meno censibili).
Ricordiamo che sotto la denominazione di mutilazione genitale femminile rientrano tutta una serie di operazioni che vanno dall’escissione parziale a quella completa dei genitali femminili esterni; dalla rimozione parziale o totale del clitoride alla rimozione di piccole e grandi labbra, sino al restringimento dell’apertura vaginale con la sutura successiva alla rimozione delle parti esterne.
Si possono ben immaginare le conseguenze invalidanti fisiche e psicologiche nel breve e nel lungo periodo per chi subisce tali operazioni senza contare i rischi derivanti dall’utilizzo di strumenti non chirurgici e dall’operato di persone non professioniste in campo medico-chirurgico.
In occasione della Giornata Internazionale l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, il Commissario per la Politica di vicinato e i negoziati di allargamento, Johannes Hahn, il Commissario per la Cooperazione internazionale e lo sviluppo, Neven Mimica, e la Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Vĕra Jourová, hanno ribadito, in una dichiarazione congiunta, il fermo impegno dell’Unione europea a porre fine alle mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo ricordando come “Le mutilazioni genitali femminili sono una grave violazione dei diritti umani e dell’integrità fisica della donna. Si tratta di una pratica equivalente alla tortura e di un trattamento degradante che non è possibile giustificare né con gli usi né con le tradizioni, la cultura o la religione”.
L’Europa, già da tempo considera le mutilazioni genitali femminili una grave forma di violenza contro la donna e persegue tali pratiche come reato in forza della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa che, tra l’altro, consente nei 20 Paesi membri che hanno ratificato la convenzione, di perseguire anche all’estero le famiglie che, ad esempio, portano nei Paesi d’origine le loro figlie per sottoporle in loco alle mutilazioni.
Tanto più in considerazione del fatto che molte donne e ragazze che vivono in UE sono anch’esse a rischio o sono già state vittime di mutilazioni; uno Studio dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) ha recentemente pubblicato dati inquietanti sulla diffusione di tale pratica in Belgio, in Grecia, in Francia, in Italia, a Cipro e Malta e sui rischi per le ragazze, considerando i nuovi modelli migratori.
Per fortuna, ci ricorda un Comunicato della Commissione Europea: “Grazie all’Unione europea e alla cooperazione con l’UNICEF, l’UNFPA e le organizzazioni della società civile, circa 3,3 milioni di donne e ragazze hanno avuto accesso a servizi di tutela e prevenzione. In Africa, più di 20.000 comunità hanno chiesto pubblicamente l’eliminazione delle mutilazioni genitali. Sostenuti da un forte partenariato tra l’Unione europea, l’Unione africana e alcuni Stati africani promotori, 12 paesi dell’Africa hanno incluso nei loro bilanci nazionali linee specifiche riguardanti l’eliminazione di questa pratica. Negli Stati arabi esistono inoltre reti regionali e nazionali di organizzazioni religiose che mirano a debellarla”.
Ovviamente il problema è globale e l’Ue può contare anche sul sostegno delle Nazioni Unite; in questo senso l’iniziativa mondiale congiunta Spotlight nata con lo scopo di eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, non solo le deprecabili mutilazioni genitali femminili, ma anche i matrimoni imposti ai minori e altre pratiche dannose contro le donne.
L’obiettivo è quello di finanziare progetti miranti a contrastare la violenza di genere a livello locale al fine di promuovere un cambiamento sociale sostenibile.
“Ogni ragazza e ogni donna ha il diritto di vivere una vita senza violenza e dolore – ricordano i Commissari europei – La mutilazione genitale femminile è una grave violazione dei diritti umani e dell’integrità fisica delle donne… un trattamento degradante che non può essere giustificato. Né sulla base del costume, né sulla tradizione, sulla cultura o sulla religione”.