Essere pedagogici

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La pedagogia non è semplicemente una disciplina, la sua valenza è molto più vicina al significato dell’umano, molto più di quanto si possa immaginare, mentre la scelta di diventare pedagoghi o pedagogisti, si muove sempre nell’ambito di una narrazione che coinvolge anche la sfera autobiografica. I migliori istitutori di questa disciplina lasciano entrare la persona, senza la quale ogni fare e agire, ogni intenzionalità, avanza senza respiro. Ingredienti quali la consapevolezza, l’empatia, l’autoaiuto, il potenziamento, la motivazione, rappresentano l’essenza vitale di questa mission, nonché la qualità dei risultati e la stessa competenza. L’imprescindibilità educativa che contraddistingue la Pedagogia, la carica ancor di più del suo ruolo unico e distinto da tutte le altre discipline, poiché in questo suo tratto che non può essere tralasciato o ignorato senza conseguenze significative, si apre un racconto pieno di stazioni, per un viaggio pieno di imprevisti, dove ogni inciampo somiglia a una danza, ogni ferita ricorda la cura e non la malattia. Questa è l’anima pulsante della pedagogia, il suo essere alter ego di chiunque incontri, la sua magia che tramuta il lamento in suono, la paura in apertura dei sensi, l’incertezza in un momento poetico, la peggiore delle cadute in una scommessa. Essere pedagogici vuol dire intraprendere una strada impraticabile proprio con lo scopo di riuscirci, vuol dire, in tale contesto, lasciare che qualcun altro afferri la nostra mano e che altrettanto possiamo fare noi nei confronti di chi sta per arrendersi. L’autoaiuto è una ricchezza straordinaria che naturalizza il bisogno che abbiamo degli altri senza impoverire il nostro valore, ottimizzando l’apporto reciproco tra educatore e educando. La storia condivisa è ciò che colma di autenticità la professione del consulente pedagogico. Essere consulenti rientra pienamente nelle dinamiche dell’empatia, la quale implica non soltanto il sentire l’altro, ma il poterlo aiutare ad aiutarsi, a riscoprire i propri strumenti e ad amare la sua identità, la sua specialità, la sua singolarità. C’è, in questa professione visione, fiducia, slancio, motivazione. Tutto si può e il miglior punto di partenza è sempre l’impossibile. Abbiamo detto che l’autobiografia caratterizza la scelta di indossare questo ruolo, questo accade perché la professione di aiuto nasce spesso da un sano principio di proiezione, da un viaggio personale che diventa universale e che in questo miracolo fa di questo mestiere uno stile di vita, una vocazione, una competenza.

Eleonora Giovannini

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